OPINIONI A CONFRONTO

Leva obbligatoria?
Brescia:
«Parliamone»

di Magda Biglia
L'idea rilanciata dal vicepremier Matteo Salvini trova nella nostra città posizioni molto diversificate. E qualche precedente. Mottinelli: «Può non essere come prima, ma non sono contrario» Per Bonometti è una bella idea, il rettore Tira è per i professionisti
Giuramento di uno degli ultimi gruppi di alpini in servizio di leva obbligatoria nel 2004
Giuramento di uno degli ultimi gruppi di alpini in servizio di leva obbligatoria nel 2004
Giuramento di uno degli ultimi gruppi di alpini in servizio di leva obbligatoria nel 2004
Giuramento di uno degli ultimi gruppi di alpini in servizio di leva obbligatoria nel 2004

Signorsì. Un periodo di leva obbligatoria, militare o civile, idea del ministro Matteo Salvini, ribadita di recente durante un comizio in Puglia, trova un precedente nel Bresciano. Come spiega il presidente Pier Luigi Mottinelli, la Provincia già tempo fa aveva fatto proprio, dandone anche indicazione agli allora parlamentari, un suggerimento dell'Associazione nazionale alpini sulla reintroduzione di una breve obbligatorietà, come del resto già accaduto a livello della Regione Veneto, dove la maggioranza di Zaia ha avviato l'iter di una proposta di iniziativa consiliare per una ferma di otto mesi. Non è inedita l'intenzione espressa dal leader della Lega che pure era al governo con Berlusconi quando, nel 2004, fu abolito l'obbligo, dando il via a un esercito professionista. Per Salvini un periodo al servizio dello Stato, con o senza divisa, uomini e donne, avrebbe come obiettivi un miglioramento dell'educazione dei ragazzi, con valori come il rispetto delle regole e l'amore per il Paese, dando un contributo alla democrazia e anche all'integrazione valoriale dei nuovi cittadini. Le reazioni non sono mancate, come quella del ministro della Difesa Elisabetta Trenta che ha definito «romantica» la pensata in tempi in cui il soldato è diventato un mestiere specializzato. «Non si discute il fatto della necessaria professionalità- dichiara Mottinelli - Si potrebbe trattare di qualche forma di collaborazione con le forze militari nell'ottica di un contributo, anche in situazioni civili, da parte di cittadini adulti. Potrebbe essere con le penne nere, con i vigili del fuoco, con la Croce Rossa, comunque un lasso di tempo a disposizione dello Stato. L'organizzazione potrebbe essere regionale ma anche nazionale, meglio in ogni caso una certa lontananza da casa, per non far vivere l'esperienza come un doposcuola. Non conosco nel dettaglio la proposta di legge che si dice depositata già a febbraio, ma il principio non mi vede contrario e non è una novità».

È QUELLO CHE sottolinea pure Gian Battista Turrini, presidente della sezione Ana di Brescia (una delle tre della provincia, comprende anche Bassa, Valtrompia, Sebino, con 13mila iscritti in 161 gruppi) . «Ne avevamo già discusso con il precedente ministro Pinotti. Ora se ne riparlerà, però temo sia una boutade estiva, si sente dire di tutto e il contrario di tutto. Vedremo se si farà sintesi o resteranno solo parole - sostiene -. Noi siamo convinti che la coscrizione, oltre a essere buona per il nostro ricambio, potrà essere benefica per i giovani, maschi e femmine, per ritrovare senso del dovere e di appartenenza, amore per la propria terra e le sue tradizioni. Un criterio regionale per la distribuzione, o no, non importa, però non troppo vicino alla residenza. E quanto ai soldi necessari, credo che se è una cosa che si vuol fare si troveranno». È invece il tema delle risorse a impensierire Marco Bonometti, leader di Confindustria Lombardia. «Bella l'idea, ma dove pescare 15 miliardi?». Secondo l'imprenditore, ogni intervento va situato in un piano complessivo: «Perché, ad esempio- dice -, non finalizzare i nuovi contingenti a compiti che evitino la spesa programmata di assunzione di migliaia di unità delle forze dell'ordine? E perché non farne un momento di preparazione mirata all'acquisizione di competenze concrete che controbilancino la perdita di tempo prima dell'ingresso nel mondo del lavoro. Oppure ancora, visto che bisognerà pagare le reclute, perché non utilizzarle per attività socialmente efficaci? Per tutto ciò però non basterebbe nemmeno un anno, con la vastità dei saperi specialistici». A suo dire, «si deve valutare se l'iniziativa è utile e sostenibile, se non è in contraddizione con la volontà di ridurre le spese per gli armamenti». «Il governo deve capire- afferma - che tutto va visto nell'insieme, e dentro un bilancio di insieme, in cui siano chiare le priorità. Non si fa come con l'Ilva o come con il decreto dignità che ha bloccato assunzioni e investimenti in un clima di calo di fiducia». Perplesso appare il rettore dell'Università statale Maurizio Tira che vede positivo un periodo dedicato alla collettività ma che, da obiettore di coscienza con servizio civile alle spalle, preferirebbe impieghi senza elmetto. «Ritengo educativo che un giovane offra una fetta della sua vita al bene della comunità, come del resto già si può fare. E' giusto educare al servizio, ma non penso che la caserma sia ambiente deputato all'educazione. Ci sono altre agenzie oltre alla famiglia, la scuola, l'università e tanti enti. Se, al contrario, dietro ci sono strategie di carattere difensivo, non lo so; tendo a concordare con coloro che oppongono la necessità oggi di un esercito professionista, non popolare. Non mi sembra del resto di sentire un feedback entusiastico dai ragazzi che non credo molto interessati».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Suggerimenti