Un uomo che ha vissuto. Una vita fatta di lavoro e di sfide vinte per costruire un gruppo che ha conquistato con i suoi marchi tutto il mondo. Vittorio Moretti, direttore per un giorno di Bresciaoggi, porta sul volto i segni del successo e del lavoro. «Sono nato a Firenze perchè la mia famiglia in quegli anni si era trasferita nel capoluogo toscano. Ma sono lombardo, anzi sono erbuschese, anche se ho vissuto più di vent’anni a Milano». Ci tiene a precisarlo perchè la sua cifra è proprio la Franciacorta. «Sa perchè Brescia non sara mai un sobborgo di Milano? Perchè noi bresciani siamo diversi». In che senso lo spiega così: «Qui da noi si produce, a Milano si fa finanza. Questa è la differenza fondamentale. Prendiamo la Franciacorta: siamo arrivati ad un fatturato glovale di 250-300 milioni di euro e sono convinto che nel giro di pochi anni si possa arrivare a quota 500 milioni. Questo vuol dire produrre».
NONOSTANTE la crisi tutta la provincia ha ripreso a crescere, ma serve un salto in avanti, «e questo salto può arrivare anche grazie ad un sistema di infrastrutture efficiente - sottolinea Moretti -. La Tav in questo senso diventa una priorità assoluta. Semmai è Milano che deve darsi una regolata: con la Brebemi o la A4 arrivo velocemente a Linate. Buona cosa, ma poi per raggiungere il centro di Milano ci metto mezz’ora. Le pare possibile?». Milano, appunto: la città che tutto divora e che anche molti giovani guardano come approdo per il loro futuro. «Questa di voler andare per forza fuori, magari all’estero, per i giovani è diventata una sorta di manìa. Cosa vuol dire andare a fare lo sguattero a Londra? Che futuro è?I giovani talvolta sono un po’ ottusi quando sbagliano a leggere il territorio dove sono nati e dove vivono e a capire le opportunità che si offrono loro». Eppure qualcosa si sta muovendo anche nella nostra provincia. «Vero - riconosce -. C’è un ritorno alla terra anche in Franciacorta. Molti giovani hanno iniziato con piccoli appezzamenti di terreno e pian piano sono diventati imprenditori. È un segnale importante che fa ben sperare». Vittorio Moretti vive un rapporto particolare con la terra e con quello che essa produce, a cominciare naturalmente dal vino: «La terra è tutto, è la nostra vita e lo dice uno che ha 1.200 ettari di vigneti. E non a caso ho voluto che il nostro gruppo si chiamasse Terra Moretti. Se la terra, come dicevo, è la vita, il vino è una emozione, non un prodotto. Almeno per me che mi ci sono buttato dentro testa e piedi. È una emozione ma anche un’arte». Come quella che Gualtiero Marchesi ha portato all’Albereta? «Quello con Marchesi è un rapporto antico che si è consolidato quando tanti anni fa alla cena per il Premio Bellavista gli ho chiesto se poteva mandarmi uno dei suoi allievi all’Albereta perché avevo l’ambizione nell’arco di due o tre anni di farne un relais chateaux stellato. Mi disse: vengo io. E così è nata la nostra collaborazione. Poi dopo tanti anni è finita, ma ci siamo lasciati comunque in amicizia». Anche se, aggiunge, «Gualtiero non era una persona facile». SI DICE che intorno ad un grande uomo ci sia sempre una grande donna e questo vale anche per Vittorio Moretti: «A mia moglie ho chiesto di fare appunto la moglie, la sposa e la mamma delle nostre figlie, che hanno scelto di lavorare nel nostro gruppo dando continuità a quello che avevo costruito. Arrivati ad una certa età viene naturale pensare e interrogarsi su ciò che si lascia ai propri eredi». Compresi i sei nipoti, e il settimo è in arrivo, che hanno accresciuto la famiglia, «ma l’educazione dei miei nipoti la lascio ai loro genitori. Io mi limito a fare il nonno». Che a ben vedere è uno dei «mestieri» più belli del mondo. Ma Vittorio Moretti non è solo l’Albereta e Bellavista. La sua azienda lavora nel campo dell’edilizia «che ancora soffre per la crisi anche per colpa nostra. Troppo forte era stato il boom immobiliare perchè potesse reggere ad una crisi come quella che ci è arrivata addosso in questi ultimi 10-15 anni. Qualche piccolo segnale di ripresa si avverte, ma è ancora troppo debole, soprattutto se in riferimento al mercato delle case». Una vita vissuta, dunque, dove non c’è spazio per i rimpianti: «Non ne ho» dice con sicurezza Vittorio Moretti, «rifarei tutto esattamente come l’ho fatto. Non mi pento di nulla e non mi rimprovero nulla». Nemmeno di non aver mai avuto tentazioni di darsi alla politica: «Noi imprenditori siamo diversi e il consenso lo cerchiamo sul prodotto. Come? Con la cultura del lavoro, su quello che facciamo. In fondo siamo austro-ungarici».