I samurai di Tsukamoto e il fascino dell’Oriente tra tradizione e attualità

di Enzo Pancera
Il regista Shinya Tsukamoto
Il regista Shinya Tsukamoto
Il regista Shinya Tsukamoto
Il regista Shinya Tsukamoto

Enzo Pancera VENEZIA Giusto alla fine del percorso la Mostra ospita film da quell'oriente che molto spesso l'ha arricchita di opere memorabili ottenendo grandi riconoscimenti. Il 58enne Shinya Tsukamoto, già vincitore nel 2011 della sezione Orizzonti, porta nel concorso maggiore Zan-Killing: film di samurai. Dopo 250 anni di pace nel secolo XIX, agli sgoccioli del lungo medioevo nipponico, molti samurai sono senza padrone. Uno di questi giovani ronin (Tatsuya Nakamura) si è aggregato a lungo a una comunità di contadini per difenderli dai malintenzionati. Ma ora un più esperto samurai (Sôsuke Ikematsu) lo ingaggia per costituire un gruppo che si recherà e Edo per mettersi al servizio dell'imperatore. Benché il giovane senta l'amore per la figlia del capo villaggio, e l'amicizia per il suo giovanissimo fratello che vuole emularlo, la partenza è decisa. Un gruppo di ladri e assassini insidia i contadini e i due samurai nel dilazionare la partenza e nel contrapporsi sanguinosamente ai fuorilegge rivelano la loro diversa indole. Tsukamoto si attiene con perizia ai canoni del genere per narrare il percorso verso una sorta di obiezione di coscienza del giovane ronin. L'inizio è molto promettente poi l'azione un po' s'incarta in un ambito che pare ridotto da necessità di low cost. Fuori concorso torna in Mostra dalla Cina il detentore di 2 leoni d'oro Yimou Zhang con Ying (Shadow). All'epoca dei Tre Regni (3° sec. d. C.) i re e gli alti dignitari ricorrono a sosia per schivare i frequenti assassinii eccellenti. Il Comandante militare del regno di Pei adotta un giovane sosia (Chao Deng nel doppio ruolo) mentre trama per scatenare una guerra e sostituirsi al re (Ryan Zheng) che a suo volta trama con una politica matrimoniale che coinvolge la sorella (Xiaoton Guan). Il gioco delle parti è fitto di sanguinose sorprese. Nel regno (piovoso) di Pei i colori hanno una dominanza plumbea. Grande è la fantasia nel muovere armate, inscenare duelli utilizzando l'ombrello di Pei costituito di lame affilatissime o navigli che fungono da cavallo di Troia. Sempre controllando sfaccettature narrative, metafore, simboli (quale il ruolo del sosia nella lotta di potere e nei rapporti con la moglie legittima?). Insomma Zhang torna, senza eguagliare, alla potenza di significato dei primi film utilizzando, e controllando, le coreografie e le risorse digitali acquisite nei film più recenti. Per chi trascura il valore del film in sé si tratterà di anticaglie. Per noi è un gran bel modo di fare cinema.

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