Fanghi nelle
campagne, stop
per un anno

di Cinzia Reboni
L'assessore Fabio Rolfi
L'assessore Fabio Rolfi
L'assessore Fabio Rolfi
L'assessore Fabio Rolfi

Lo hanno già ribattezzato il fattore di pressione dei fanghi. Perchè, così come la norma che vieta di aprire nuove discariche o ampliare le esistenti in territori già soffocati dai rifiuti, il decreto regionale varato ieri mette al bando l'impiego di scarti di depurazione e gessi di defecazione nelle aree dove il fabbisogno di fertilizzanti agricoli è già coperto da sostanze naturali come i liquami zootecnici.

PER UN ANNO scatta il divieto di impiego per uso agronomico dei fanghi da depurazione in 170 Comuni lombardi, che insieme rappresentano il 22% della superficie agricola della regione. A monopolizzare la black list ci sono 62 paesi bresciani, a conferma della vocazione agricola della nostra provincia e dell'alto livello dell'economia circolare dei rifiuti naturali prodotti dagli allevamenti che vengono smaltiti come fertilizzanti o come combustibile per produrre energia attraverso gli impianti di biogas. Brescia, e in particolare la Bassa - ed è questo il rovescio della medaglia - è anche la pattumiera nazionale dei fanghi di depurazione. Gli scarti provenienti dal trattamento delle acque reflue urbane prodotti sul territorio nazionale sono oltre 3 milioni di tonnellate l’anno e la Lombardia, con 1,2 milioni, è una delle regioni con il maggior quantitativo prodotto. Gli impianti del Bresciano - concentrati nel triangolo Calvisano-Calcinato-Lonato - trattano oltre 364 mila tonnellate di fanghi all’anno. Secondo gli ultimi dati Ispra, nel 2017 la Lombardia ha smaltito 482 mila tonnellate di fanghi, e ne ha importati 500 mila. Di questi, un terzo viene smaltito sui campi bresciani. «La misura conferma il cambio di passo deciso da parte della Regione in difesa del territorio, dell'agricoltura e dei nostri prodotti agroalimentari - afferma Fabio Rolfi, assessore regionale all'Agricoltura e promotore del provvedimento -. Dove c’è concime animale a sufficienza non sarà più possibile spandere fanghi. La Pianura padana è fertile grazie al supporto della zootecnia, a differenza di altri territori che nel corso degli anni sono stati arricchiti, per esigenza, con fertilizzanti chimici e oggi si trovano ad affrontare problematiche relative all’inaridimento del suolo».

LO STOP scatta nei paesi dove il carico di animali produce carichi zootecnici superiori ai limiti della direttiva nitrati, ovvero dove esiste una sovrabbondanza di liquami animali rispetto alla superficie coltivata. La lista dei 170 Comuni è stata redatta sulla scorta di uno studio dell'Ersaf. «Il provvedimento tutela la qualità della vita dei cittadini - incalza Federica Epis, capogruppo della Lega in Commissione agricoltura in Regione - salvaguardando l'ambiente e mettendo fine agli odori molesti che spesso questi fanghi provocano». «L’assessorato è impegnato a chiedere alla Commissione europea che sulla direttiva nitrati il limite allo spandimento venga innalzato oltre i 250 kg/ha concessi fino ad oggi per le aziende in deroga, e consentire di utilizzare ancora di più in modo efficiente e sostenibile la materia organica delle stalle come concime - aggiunge Rolfi - riducendo l’urea e i fanghi, con maggiori benefici ambientali». Sindaci e mondo agricolo appoggiano il provvedimento. «La Regione ha accolto la nostra richiesta di privilegiare l'impiego di fertilizzanti organici di origine animale rispetto ai fanghi - osserva Francesco Martinoni, presidente di Confagricoltura Brescia -. Ora occorre mettere mano a tutto il complesso tema delle deiezioni zootecniche: oltre all’apprezzabile proposta di ottenere una deroga a valori più elevati, ma con condizioni di accesso più semplici di quelle attuali, serve accompagnare gli allevamenti nell’adempimento delle misure di prevenzione dell’inquinamento atmosferico, come previsto dal Piano aria della Regione». «Una risposta che il mondo agricolo stava aspettando - sottolinea Ettore Prandini, presidente nazionale di Coldiretti -. Per tutelare e valorizzare al meglio le eccellenze agricole dei nostri territori dobbiamo conoscere la reale natura di ciò che viene utilizzato per rendere fertili i nostri campi».

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