Il deposito d’auto
nell’ex cava: l’opera
abusiva sotto sequestro

di Milena Moneta
Nel cerchio la grande cava cessata, trasformata in deposito d’auto
Nel cerchio la grande cava cessata, trasformata in deposito d’auto
Nel cerchio la grande cava cessata, trasformata in deposito d’auto
Nel cerchio la grande cava cessata, trasformata in deposito d’auto

Quattromila veicoli dove non ci possono stare non potevano passare inosservati. E infatti sono stati segnalati ed è scattato il sequestro. Il progetto di riqualificazione di una cava nel territorio di Ghedi, al confine con Montichiari, Ambito territoriale estrattivo 42, poco distante dall’aeroporto civile, da trasformare in un parcheggio per la logistica di una ditta terza per far posto a migliaia di veicoli, con capannoni, tensostrutture, autolavaggio e altro, si è concretizzato in tempi record senza avere però le regolari autorizzazioni. UN ABUSO di colossali dimensioni ad opera di una azienda mantovana, specializzata nella movimentazione di veicoli nuovi e usati, che ha asfaltato, costruito le strutture di supporto, trasferito un gran numero di veicoli sul 30 per cento circa dei 413mila di superficie destinata al cambio di destinazione, ma non ancora deliberato. Per questo l’altro giorno è scattato il sequestro penale, su disposizione del sostituto procuratore a capo dell’indagine, Ambrogio Cassiani che ha contestato una sfilza di reati (urbanistici, edilizi, ambientali). A porre i sigilli è intervenuto il Gruppo reati ambientali della Procura della Repubblica ovvero la squadra della Polizia provinciale diretta dal commissario Peluso. Tutto è cominciato a metà dicembre, quando all’amministrazione comunale di Ghedi è stata chiesta una variante al permesso di costruire rilasciato in precedenza per sistemare gli impianti tecnologici di cava, realizzare un parcheggio per mezzi e materiale relativi alla attività di escavazione. Autorizzazione concessa dalla giunta e lavori iniziati a fine febbraio. Sempre a febbraio, nel frattempo, è stata depositata la richiesta di attivare un accordo di programma per un progetto di riqualificazione: anziché ripristinare il fondo cava, sotto quota di sette metri, ad uso agricolo si rinunciava al ritombamento per destinare l’area alla logistica di una ditta terza. Il che prevedeva un cambio di destinazione d’uso e quindi una variante al piano di governo del territorio, al piano cave, al piano territoriale dell’aeroporto. «Abbiamo chiesto un incontro per approfondire la proposta che ci trovava interessati - spiega un ancora incredulo sindaco Lorenzo Borzi- e che ci consentiva di evitare le buche di aree compromesse, potenziali discariche. Inoltre l’operazione era anche economicamente interessante per il paese. Solo prevedeva un iter burocratico lungo e complesso, che coinvolgeva Provincia e Regione e che non abbiamo neanche avuto il tempo di iniziare, dato che stavamo valutando questioni urbanistiche e legali». La ditta, infatti, senza attendere delibere, ha realizzato in tempi invidiabili le opere che si era prefissata, compiendo però un abuso. •

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