Il mais bresciano è in buona salute

di Claudio Andrizzi

La campagna 2018 del mais sconta il ritardo nelle semine primaverili: la lunga coda dell’inverno, con le incessanti piogge di inizio aprile e maggio, hanno portato a posticipare di quasi un mese le operazioni di preparazioni dei terreni. Uno scarto che si riflette ora nei tempi della raccolta, destinata a prendere il via intorno a Ferragosto per i trinciati, per proseguire a settembre con la granella. IN UN QUADRO nazionale nel quale si stima una possibile diminuzione delle superfici nell’ordine del 3%, la Lombardia viaggia in controtendenza mantenendo le posizioni dello scorso anno con oltre 327 mila ettari: anche a Brescia il quadro è di sostanziale stabilità, con oltre 73 mila ettari più o meno equamente suddivisi tra granella e ceroso. «Nell’areale lombardo le superfici registrano una buona tenuta trainate dalla forte concentrazione zootecnica - conferma Cesare Soldi, coordinatore regionale delle sezioni cerealicole di Confagricoltura Lombardia, dallo scorso anno presidente dell’ Associazione Maiscoltori Italiani-. Mentre in altre zone d’Italia ci sono anche situazioni di contrazioni a due cifre». Ma la situazione resta comunque critica. «Questo è il settimo anno consecutivo segnato da una riduzione della superficie coltivata a mais in Italia: in questo periodo le nostre perdite sono state pari al 40% mentre la produzione globale è aumentata di circa un terzo. Il settore a livello nazionale non gode certo di buona salute. Da qui la decisione di procedere alla costituzione di un tavolo tecnico, che dopo un anno di lavoro ha prodotto un documento di progettualità portato all'attenzione del Ministero dell'agricoltura, oltre ad un piano di rilancio condiviso da tutti gli attori della filiera». Le remunerazioni sono attualmente in linea con quelle dello scorso anno: a luglio la media è stata pari a 188 euro, contro i 181 del 2017. «Ma siamo in una situazione di sostanziale stabilità dei mercati – continua Soldi -. È un anno di variazioni minime legate alla grande disponibilità di prodotto stoccato a livello mondiale». Nell’attesa, anche quella targata 2018 potrebbe essere una campagna in ulteriore diminuzione in termini di rese: «Ad oggi in Lombardia si stima in media un generale calo delle produzioni. Bisogna però dire che le piogge hanno aiutato la coltura nella fase delle irrigazioni, cosa che ha contribuito ad alleggerire i costi: le piogge hanno dato una mano, anche se non in modo decisivo come nel 2016». Sul fronte qualitativo le condizioni stagionali sembrerebbero ridurre il rischio delle contaminazioni da aflatossine. «Sarà tuttavia fondamentale seguire con attenzione gli sviluppi climatici delle prossime settimane - avverte Soldi -. È necessario tenere alta la guardia mettendo in campo tutte quelle buone pratiche agronomiche, irrigazione, periodo di raccolta, che rappresentano ottimi strumenti di prevenzione». Ma su questo fronte anche la ricerca ha fatto numerosi passi avanti. «L'aflatossina è prodotta da un fungo, quando la pianta va in stress a causa del caldo troppo elevato – racconta Soldi -. Ora però è stato selezionato un fungo che non produce aflatossina e da prove in campo, dopo due due anni di disponibilità, permette un abbattimento dell'80%. Buona anche la semplicità d'uso che ne favorisce l'utilizzo». •

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