L’estate nel paese delle farfalle

Questo campione di bellezza si chiama Papilio machaonL’orto (anche) per le farfalle curato da Sara Gerevini
Questo campione di bellezza si chiama Papilio machaonL’orto (anche) per le farfalle curato da Sara Gerevini
Questo campione di bellezza si chiama Papilio machaonL’orto (anche) per le farfalle curato da Sara Gerevini
Questo campione di bellezza si chiama Papilio machaonL’orto (anche) per le farfalle curato da Sara Gerevini

A volte serve qualcosa di simile a una guida spirituale per comprendere fino in fondo la bellezza. È difficile non farsi incantare dai colori e dall’incedere lieve e silenzioso di una farfalla; ma il racconto entusiasta di una persona appassionata, che ha deciso di condividere una parte del proprio spazio vitale per aiutare questi arcobaleni volanti sfrattati dall’agricoltura industriale, dai pesticidi e dalla scomparsa delle zone umide, rende più emozionanti il prologo e l’esito della metamorfosi.

LA NOSTRA GUIDA si chiama Sara Gerevini, è impiegata in un ente pubblico, ha bandito da tempo lo specismo dalla sua vita e da un decennio, praticando l’osservazione sul campo e lo studio in proprio, si sta dedicando alla protezione dei lepidotteri; o meglio di una specie in particolare, lo splendido macaone (Papilio machaon), una varietà giallo-nera-blù di grandi dimensioni. Lo fa a Carpenedolo, e forse grazie a lei questo diventerà gradualmente il paese delle farfalle.

Come funziona? Sara va in cerca di ovature e bruchi sul territorio dalla primavera all’autunno, raccoglie il tutto e segue e protegge lo sviluppo degli esemplari. Fino a tre anni fa usava come nursery solo l’orto di casa, ovviamente biologico e trasformato in un’oasi perchè pieno di piante invitanti. Poi ha deciso di realizzare anche piccoli contenitori in rete all’interno dei quali le larve possono completare lo sviluppo al sicuro; prima appendendosi con un filo di seta, poi trasformandosi in crisalide e infine, una volta concluso lo stadio di pupa, stendendo e asciugando completamente le ali al sicuro dai predatori. Alla fine la gabbia temporanea viene aperta e la bellezza riempie l’aria della pianura.

Succede già in primavera, perchè Sara raccoglie anche i bruchi di ottobre, gli ultimi della serie di due o tre generazioni annuali, «programmati» per trascorrere l’inverno e rinviare la metamorfosi ad aprile.

La sua filosofia è semplice e racchiude un invito per tutti i distratti: «Se conosci la vita che ti circonda la rispetti. Questi animali sono fragili, sempre minacciati dall’inquinamento, e la loro presenza o meno ci dà la misura della qualità dell’aria. Le persone dovrebbero apprezzarne anche la fase larvale; che non rappresenta un pericolo. Il bruco del macaone, per esempio, si nutre sì delle foglie del finocchio, ma lascia intatta la parte di interesse gastronomico».

Poi invita a seguirla: «Basta allestire un piccolo giardino o un orto evitando di trattarlo con qualsiasi veleno, e piantarci per esempio la Buddleja davidii; è un arbusto molto bello, e lo chiamano l’albero delle farfalle perchè le attira con i suoi fiori rosa violacei a pannocchia che piacciono molto anche alle api. Ma vanno bene anche la lavanda e tutte le aromatiche». P.BAL.

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