Polmonite, il Chiese nel mirino

di Marta Giansanti

Marta Giansanti Ci vorranno almeno due anni e mezzo per mettere a fuoco dal punto di vista epidemiologico l’ondata di polmonite batterica e legionella che hanno investito la Bassa Occidentale. UN FENOMENO INEDITO nella letteratura medico-scientifica che ha spinto le autorità sanitarie a mettere in campo ogni risorsa disponibile per scoprire i veicoli di contagio e diffusione della patologia. L’Ats di Brescia ha chiesto l’intervento dell’Istituto superiore della Sanità che ha analizzato 308 campioni: 10 sono risultati positivi alla legionella pneumophila sierogruppo 1 di solito - o almeno finora - la più frequente in Italia con un’incidenza in almeno il 90 % dei casi, ma altri 93 rientrano nei sierogruppi dal 2 al 14. Cosa significa? Che – usando le parole di Maria Luisa Ricci, responsabile del Centro di Riferimento nazionale della legionellosi per l’Istituto superiore della sanità – «ad oggi non si può corrispondere un’unica fonte di infezione per tutti i casi ma di sicuro c’è una correlazione tra il Chiese e il sierogruppo 2, isolato nelle acque del fiume a Montichiari, Remedello e Carpenedolo». Ora l’attenzione, quindi, sembra si sia spostata essenzialmente sul fiume, ma nulla è lasciato al caso e continuano parallelamente le analisi sulle torri di raffreddamento, le indiziate nella fase iniziale dell’epidemia. «Sono indagini lunghe e complesse, attività che dovranno essere svolte sul campo e in laboratorio perché quello che è successo in un’area così vasta e con numero così importante è un fenomeno fuori da ogni schema», ha ribadito Maria Luisa Ricci provando a dare la scadenza per risalire all’origine dell’infezione a più o meno due anni. Fino ad allora continueranno gli studi, si analizzeranno i sierotipi di legionella e la connessione con il territorio ma si cercherà anche di rendere tutto più sistematico. «È nostra intenzione approvare delle linee guida, che diventino prescrittive, per la prevenzione di questi fenomeni anomali. Raccomandazioni obbligatorie per la sanificazione e la sterilizzazione degli impianti industriali, delle torri di raffreddamento e degli impianti di condizionamento ma anche delle condotte idriche, tra cui fontane e fontanelle, facili vettori del morbo», ha promesso Giulio Gallera, assessore regionale al Welfare. Per far fronte in maniera tempestiva alle emergenze, ieri, nella sede di Ats di Brescia di viale Duca degli Abruzzi è stata inaugurata una sala polifunzionale. Un centro di gestione di crisi che consentirà alle agenzie coinvolte in situazioni di urgenza di lavorare insieme, nello stesso spazio, e di utilizzare tecnologie rapide di comunicazione e di visualizzazioni di immagini e mappe per permettere di adottare decisioni in tempi relativamente veloci. SOTTO LA LENTE dovrà finire una mole di dati. Dall’1 settembre al 18 ottobre, giorno in cui si è concluso il monitoraggio quotidiano, i casi di polmonite diagnosticati sono stati 878, 776 dei quali residenti nel bacino della Ats Brescia e il resto nella confinante provincia di Mantova. Dei quasi 900 cittadini colpiti dalla patologia, per 665 si è reso necessario il ricovero, un numero sì elevato ma non eccessivo se si considera che nello stesso periodo del 2017 i casi complessivi sono stati ben 645. Ma a farlo diventare «unico caso al mondo» è stato proprio il picco epidemico registrato dal primo al 10 settembre, quando da Montichiari a Calvisano nei sette Comuni affacciati sul Chiese 363 cittadini sono stati colpiti dal batterio. Dati che impressionano, mai registrati prima d’ora, e che potrebbero incutere apprensione data l’ancora sconosciuta causa. Eppure tanti sono stati i controlli effettuati sui pazienti, sottoposti ad esami standard al momento della diagnosi che hanno permesso di individuare 60 casi di legionella, 23 solo nei sette Comuni maggiormente colpiti, ed una nuova sieroconversione a quattro settimane dalla diagnosi per confermarne l’infezione: su 62 campioni nei comuni della Bassa orientale solo 8 sono risultati positivi e 2 sono ancora in dubbio. Ma non solo: molte le indagini ambientali effettuate dai Tecnici della prevenzione e dal laboratorio di Sanità Pubblica dell’Ats di Brescia e portate avanti fino al 13 novembre, prelevando campioni di acque, potabili e non, nelle abitazioni private, negli acquedotti, nelle aziende e nelle strutture sportive. Prelievi effettuati anche nelle torri di raffreddamento e di evaporazione ed ovviamente il fiume Chiese. Un totale di 143 campioni da 56 torri di raffreddamento di sei aziende e ben 27 sono risultati positivi alla legionella e per la metà dei 14 campioni del corso d’acqua si è registrato un esito positivo. Ma la strada è ancora lunga e complessa ed ora non resta che cercare di individualizzare i profili di legionella trovati e di correlare le positività alla territorialità, per circoscriverle in un’area ben precisa. •

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