Polmonite, le ricerche guardano in alto

di William Geroldi
Tecnici al lavoro per i prelievi nei siti produttivi
Tecnici al lavoro per i prelievi nei siti produttivi
Tecnici al lavoro per i prelievi nei siti produttivi
Tecnici al lavoro per i prelievi nei siti produttivi

«Un’anomala distribuzione del focolaio epidemico» e la possibilità che all’origine dell’epidemia di polmonite ci sia stato «un grande evento di natura atmosferica». Le affermazioni raccolte all’Istituto superiore di Sanità di Roma, impegnato con l’Ats di Brescia e la Regione Lombardia a cercare di decifrare che cosa sta accadendo nella pianura tra Montichiari, Calvisano, Carpenedolo e Remedello, la dicono lunga da un lato sulle preoccupazione delle autorità sanitarie per l’epidemia di polmonite batterica («Mai registrata una presenza così elevata in una determinata zona») e dall’altro quanto sia difficile individuare la fonte dell’infezione, tanto da temere «che l’emergenza passi senza tuttavia riuscire a risalire alle cause». Un insuccesso al quale per ora i laboratori non vogliono pensare poiché trovare la sorgente dell’epidemia è importante per acquisire esperienze e scongiurare il ripetersi di episodi simili. Al riguardo però non induce all’ottimismo una vicenda che sembra la fotocopia di quanto sta succedendo nel Bresciano: Bresso, cittadina di 26mila abitanti a nord di Milano, ha vissuto un incubo fotocopia nel luglio scorso con una cinquantina di persone colpite da legionella e 5 decessi. ANCHE ALLORA controlli e analisi a tappeto nelle abitazioni, sull’acqua erogata dagli acquedotti, sulle torri di raffreddamento delle aziende, senza però riuscire a scoprire la o le fonti originarie dell’infezione. E proprio il sindaco di Bresso Simone Cairo ha chiamato il collega di Carpenedolo Stefano Tramonti per esprimergli solidarietà, altrettanto farà con Montichiari. L’Istituto superiore della Sanità tuttavia non vede analogie con il caso bresciano, ritiene in qualche misura più comprensibile ciò che è accaduto nel Milanese per condizioni specifiche che potrebbero aver favorito l’insorgere dell’infezione. È comunque un fatto che anche su Bresso al momento è buio pesto. E l’infezione nel frattempo ha tolto il disturbo. Brescia è tutta un’altra storia, fosse solo per l’estensione dell’area colpita, vasta decine di chilometri quadrati. Se gli acquedotti ormai sembrano destinati a scendere dal banco degli imputati per la polmonite, l’attenzione si concentra sulle emissioni atmosferiche e ancora sul fiume Chiese, considerato una sorta di culla batterica. Ma l’interrogativo grande come una casa resta il solito: l’infezione come è stata «seminata»? Sotto la lente d’ingrandimento sono finite le torri di raffreddamento delle aziende che abbattono le temperature di aria e acqua impiegata nei cicli produttivi ed i rilasci di vapore che potrebbero aver trascinato i batteri presenti in impianti magari sottoposti ad una manutenzione inadeguata. Ma come sarebbero entrati in contatto con la popolazione i batteri? È ancora l’Istituto superiore di Sanità a suggerire una direzione, quando parla di precipitazioni molto forti avvenute nel Bresciano in agosto che potrebbero aver favorito la caduta e il propagarsi dell’infezione. Ma la carica batterica in atmosfera è ancora presente? Di certo le temperature elevate di questi giorni favoriscono la sopravvivenza; solo il calo è in grado di depotenziarla. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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