«Praticate sofferenze evitabili agli animali»

di Mario Pari
Un’immagine degli esterni del macello Italcarni durante i giorni in cui erano in corso le indagini FOTOLIVE
Un’immagine degli esterni del macello Italcarni durante i giorni in cui erano in corso le indagini FOTOLIVE
Un’immagine degli esterni del macello Italcarni durante i giorni in cui erano in corso le indagini FOTOLIVE
Un’immagine degli esterni del macello Italcarni durante i giorni in cui erano in corso le indagini FOTOLIVE

Sono lunghe 29 pagine le motivazioni della sentenza del processo con rito abbreviato sul caso del macello «Italcarni» di Ghedi, che si è concluso con due condanne e una serie di patteggiamenti. Il veterinario Gianantonio Barbi è stato condannato a due anni per falso e maltrattamenti, il collega Mario Pavesi è stato invece condannato a un anno e sei mesi per falso e minacce. Per entrambi è caduta l’accusa di contaminazione.

IN MERITO, nelle motivazioni è riportato che «quanto alla carica batterica totale riscontrata» si ritiene che «l’incertezza circa la correttezza delle procedure di campionamento e la possibilità che le diverse aliquote campionate siano state esposte a temperature superiori a quelle di refrigerazione non può non introdurre dubbio circa l’origine della carica batterica, essendo fatto notorio il deterioramento della carne se non conservata a temperature idonee». E «pur essendo riscontrate prassi non corrette nella gestione dei bovini, con spostamenti a strascico, manca» per il giudice «la prova che da tali condotte siano in concreto derivate lesioni agli animali destinati alla macellazione (per come contestate nel capo d’imputazione) a seguito delle quali si sia verificata la contaminazione riscontrata nelle specifiche ipotesi». Per il reato di maltrattamenti invece il giudice scrive che «sarebbe stato corretto procedere alla pratica legalmente normata della Msu (Macellazione speciale d’urgenza) su tutte le bovine non trasportabili, mentre gli animali subivano l’aggancio di arti, il trascinamento ed il sollevamento che costituiscono pratiche idonee a determinare sofferenze evitabili nell’animale» e «tutte le condotte relative alle bovine sopra sinteticamente riassunte sono evidentemente incompatibili con il comportamento naturale della specie animale e tali da cagionare sofferenza negli animali».

Sulla posizione del veterinario Mario Pavesi che è stato assolto dall’accusa di maltrattamenti è scritto, tra l’altro, «che in tale occasione possano dirsi rispettate le normative di settore che, come è ovvio, non garantiscono in via assoluta l’assenza di sofferenze in capo agli animali (essendo possibile che anche il proiettile captivo non stordisca appieno il bovino), ma tentano di limitarle, facendo uso degli accorgimenti che, secondo le migliori conoscenze, sono volti a evitare che si infierisca inutilmente sugli animali».

I legali dei due veterinari hanno già presentato appello: «La soddisfazione dopo la pronuncia di primo grado - spiega l’avvocato Luca Musso, legale di Barbi - è solo a metà, per il proscioglimento dall’accusa più grave, quella di contaminazione. In quanto alle altre non c’è un filmato da cui emergono maltrattamenti con responsabilità di Barbi, e per il falso il filmato è inidoneo a provare».

L’avvocato Paolo Morelli è «soddisfatto per l’assoluzione dai reati di maltrattamenti e adulterazione», mentre per quelli di minacce e falso, prevede «ampi margini in appello». Nel caso delle minacce, sostiene, non sono state sufficientemente prese in considerazione le prove portate dalla difesa. In procura ci sono poi già tre esposti, da parte di Pavesi, per far chiarezza sulle ipotesi di diffamazione e calunnia nelle indagini preliminari.

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