«Qualcuno sa
chi ha ammazzato
Desirée»

di N.P.C.
Omicidio della 14enne Desirée Piovanelli
Omicidio della 14enne Desirée Piovanelli
Omicidio della 14enne Desirée Piovanelli
Omicidio della 14enne Desirée Piovanelli

«Qualcuno sa chi è il vero ed unico assassino». Così Giovanni Erra, l’operaio di Leno condannato a 30 anni per l’omicidio della 14enne Desirée Piovanelli, uccisa nel 2002, torna a parlare dal carcere con un comunicato, mentre i suoi legali, Nicodemo Gentile e Antonio Cozza, lavorano all’istanza di revisione del processo. «Qualcuno sa chi è il colpevole, mi rivolgo a te Roberto - afferma Erra rivolgendosi a una persona che non viene citata per cognome -, trova il coraggio ed aiutami ad uscire da questo incubo. Ero a casa mia quel giorno mentre Desirée veniva uccisa, le intercettazioni ora lo confermano». I LEGALI CHIARISCONO che «la nostra attività non si ferma, anche e soprattutto perché dall’ascolto analitico di tutte le intercettazioni stanno emergendo aspetti nuovi mai valutati in precedenza, sia in ordine all’alibi di Erra sia in relazione alla ricostruzione dei fatti così come riferita dai minori condannati». Per il delitto della studentessa, il cui corpo venne ritrovato alcuni giorni dopo nella cascina Ermengarda a poche centinaia di metri dalle villette in cui vivevano tutti i protagonisti della vicenda, sono stati condannati in via definitiva anche tre minorenni, amici della ragazza, che hanno riportato condanne a 18, 15 e 10 anni. Secondo le sentenze, Desirée venne uccisa perché oppose resistenza a un tentativo di violenza sessuale. Inoltre, aggiungono i difensori, «siamo concretamente alla ricerca che tempo fa, entrando in contatto con Erra ha rivelato di essere a conoscenza dell’artefice dell’omicidio. Si tratta di una vicenda - proseguono - che più viene approfondita e più ci consegna elementi per sostenere l’estraneità del nostro assistito e che in quella cascina è successo qualcosa di diverso da quanto ricostruito dai giudici». Lo scorso gennaio era emerso che i difensori stavano lavorando ad un’istanza per chiedere la revisione del processo, atto straordinario che deve basarsi su «nuove prove». Alla base delle «mosse» di Erra, tra l’altro, c’è anche l’iniziativa del padre della ragazzina, Maurizio Piovanelli, il quale ha presentato in Procura a Brescia un esposto per far riaprire le indagini, spiegando che dietro l’uccisione della figlia ci sarebbe «un qualcosa di molto più grande e che va oltre il tentativo di stupro, con dei mandanti che sono ancora in giro» e facendo riferimento ad un’organizzazione di pedofili. Poi, nelle scorse settimane, con un altro esposto un residente di Leno ha chiesto agli inquirenti di essere ascoltato per indicare il nome di quello che ritiene essere il mandante del delitto. Eppure Erra confessò due volte di essere stato presente all’omicidio, senza però avervi partecipato. Fu il più giovane del «branco» a chiamarlo in causa e gli altri due minori avvalorarono il suo racconto. L’uomo, interrogato dopo l’arresto, ammise di esserci stato ma non di aver avuto un ruolo nel delitto. «Mi sono allontanato dopo la seconda coltellata - aveva raccontato - Ero sconvolto al punto da non riuscire più ad inserire la marcia della mia auto, con cui ero andato alla cascina Ermengarda. Quando sono entrato era già successo tutto - aveva raccontato -. Ho visto il corpo di Desirée e mi sono allontanato sconvolto. Poi mi sono ubriacato». Durante un incidente probatorio, dopo un colloquio con la moglie, la ritrattazione, davanti all’allora gip Roberto Spanò: «Non c’ero quel giorno». Poi venne la condanna all’ergastolo, ridotta a 30 anni. •

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