Quella turista bresciana impigliata nella «rete»

Il guaio di Facebook è che quelli lì siamo proprio noi, noi in persona. Il luogo è «virtuale», ma dietro quelle lucette colorate che sullo schermo dell’iPhone compongono nomi e cognomi, fotografie e parole, non ci sono entità virtuali: siamo proprio noi quelli che litigano, che insultano, che augurano la morte. Nell’ambiente immateriale della rete crediamo che tutto sia permesso, ma poi nel mondo materiale ci chiedono conto se scriviamo cavolate. Come Iginio Massari ha chiesto e ottenuto i danni in tribunale dai due internauti che avevano definito «vomitevole» la sua crema, ora a passare un guaio sarà la turista di Carpenedolo che ha chiamato «lazzaroni» gli abitanti di un paese di montagna devastato dal maltempo. Si sono offesi, andranno per avvocati. Perché, dicono, a chiamarci «lazzaroni» non è stata una lucetta colorata su un computer, non è stata un’entità virtuale. Sei stata tu.

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