Scorie industriali nel
fontanile. Il «conto» lo
pagano i cittadini

L’area del fontanile ritombata con  un campionario di rifiuti e scorie
L’area del fontanile ritombata con un campionario di rifiuti e scorie
L’area del fontanile ritombata con  un campionario di rifiuti e scorie
L’area del fontanile ritombata con un campionario di rifiuti e scorie

Cinzia Reboni

Gli inquinatori resteranno impuniti e il conto per i «veleni» industriali smaltiti abusivamente lo pagheranno i cittadini. Sarà il Comune di Bagnolo Mella a doversi occupare della bonifica dell’ex fontanile dell’Arrigo, dal momento che non ci sono elementi certi per individuare i responsabili del «cimitero» di rifiuti scoperto dai carabinieri del Noe l’anno scorso. Lo ha stabilito il Tar di Brescia, che ha sancito l’«improcedibilità del ricorso» presentato dei proprietari del fondo inquinato a cui la Provincia aveva imposto la messa in sicurezza del sito di 12 mila metri quadri.

Il Settore Ambiente del Broletto il 6 novembre aveva ingiunto agli ex proprietari dell’area in località Sessanta - che hanno gestito un’attività agricola dal 1994 al 2007 - di mettere in sicurezza il sito e predisporre un piano di caratterizzazione a seguito dei campionamenti dell’Arpa eseguiti a fine 2014 che avevano rilevato concentrazioni e superamento dei valori di arsenico nelle acque di falda.

ALL’ORIGINE dell’inquinamento - secondo la Provincia - c’è il ritombamento nel fontanile di rifiuti, compresi scarti di fonderia e amianto, avvenuto presumibilmente tra il 1994 ed il 1998. Gli ex proprietari, nel ricorso depositato a febbraio, affermavano al contrario che, secondo una segnalazione di Legambiente, il tombamento del fontanile era stato completato nei primi anni ’80 e che le tipologie dei rifiuti rinvenuti erano del tutto estranee all’attività agricola svolta dall’azienda.

L’istruttoria ordinata dal Tar a carico del Settore Ambiente della Provincia è servita a chiarire alcuni aspetti fondamentali. Nella riunione tecnica del 23 marzo 2015 i rappresentanti di Legambiente hanno prodotto una ortofoto datata 1988-89, dove il tombamento del fontanile appariva già completato. Ragion per cui, la Provincia il 5 maggio scorso ha revocato la diffida e, non essendo emersi ulteriori elementi per individuare i responsabili dell’inquinamento, ha indicato nel Comune il soggetto tenuto alla bonifica.

Va anche ricordato che l’area dell’ex fontanile dell’Arrigo era stata «manomessa» - come evidenziato dal Comune - nel 2009, quando dopo aver tranciato la catena della recinzione, ignoti vi avevano depositato ulteriori rifiuti. Più recente il misterioso blitz dei ladri di cisterne: nel maggio dello scorso anno sono infatti spariti alcuni serbatoi contenenti acqua contaminata da arsenico, servita proprio per le analisi dell’Arpa. Da maggio la vicenda è tornata sotto la lente della procura. I piezometri sistemati dal Comune a monte e a valle del sito hanno escluso per ora la contaminazione delle falde, ma l’ultima parola spetterà agli esami sui campioni prelevati dall’Arpa ad inizio agosto. Il sospetto è che le scorie sepolte a una profondità di quattro metri abbiano inquinato anche le zone circostanti. A settembre scatterà così un’altra campagna di carotaggi nella parte terminale del fontanile. La bonifica richiederà la posa di un sarcofago isolante per le scorie pericolose e la rimozione per i rifiuti inerti: un’operazione che richiede un investimento milionario. «Soldi che il Comune non ha - precisa il sindaco di Bagnolo, Cristina Almici -: ci siamo già rivolti alla Regione per ottenere i fondi necessari, ma prima di tutto bisognerà avere un quadro preciso della situazione per avviare il piano di caratterizzazione, ovvero censire la natura dei rifiuti. Il tutto tenendo sotto stretta osservazione le falde».

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