«Serviranno
mesi per scoprire
la fonte»

di Cinzia Reboni
Il direttore generale dell’Ats Carmelo Scarcella e l’assessore regionale al   Welfare Giulio Gallera Le analisi di laboratorio procederanno di pari passo con  i controlli sul territorio FOTOLIVE/FILIPPO VENEZIA
Il direttore generale dell’Ats Carmelo Scarcella e l’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera Le analisi di laboratorio procederanno di pari passo con i controlli sul territorio FOTOLIVE/FILIPPO VENEZIA
Il direttore generale dell’Ats Carmelo Scarcella e l’assessore regionale al   Welfare Giulio Gallera Le analisi di laboratorio procederanno di pari passo con  i controlli sul territorio FOTOLIVE/FILIPPO VENEZIA
Il direttore generale dell’Ats Carmelo Scarcella e l’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera Le analisi di laboratorio procederanno di pari passo con i controlli sul territorio FOTOLIVE/FILIPPO VENEZIA

L’epidemia potrebbe finire prima di individuare la fonte della contaminazione. È racchiusa in questo apparente paradosso l’emergenza sanitaria che sta attraversando la Bassa. Per risalire all’«untore» dell’infezione polmonare serviranno mesi. Lo ha ammesso l’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera, illustrando nell’incontro ospitato ieri sera all’Ats di Brescia la complessità del monitoraggio. «Stiamo battendo piste differenti e indagando il territorio: dagli acquedotti al fiume, dal mondo dell’agricoltura ai sistemi di climatizzazione dei centri commerciali, ma anche il contesto industriale, gli impianti di abbattimento fumi, i reflui di aziende che possono entrare in gioco in questa partita. Si tratta di un lavoro non breve, che richiederà qualche mese per arrivare a risultati definitivi. Andremo ben al di là rispetto ai tempi di guarigione dei pazienti, che ci auguriamo invece contenuti nell’arco di qualche settimana». Giulio Gallera ha cercato di soffocare le polemiche sui presunti ritardi nella gestione dell’epidemia, ma soprattutto ha voluto tranquillizzare la popolazione, per evitare il «contagio» della psicosi. «Abbiamo schierato un’imponente task force di esperti, in campo 24 ore al giorno per contrastare un evento del tutto nuovo per la nostra regione, cercando di delineare un quadro il più preciso possibile». Per quanto possibile. «OGNI ORA CHE PASSA - ha affermato Gallera - abbiamo un quadro più preciso di qualcosa che rimane difficile da definire e codificare. Possiamo solo affermare che fortunatamente la curva epidemica è in calo». Per capire cosa è realmente successo e qual è la portata reale del problema «abbiamo monitorato le persone che si sono rivolte al pronto soccorso per sospetta polmonite, prima negli ospedali della Bassa bresciana, poi dell’Alto Mantovano. Al momento sono 238 gli accessi nei nosocomi della provincia delle persone che, tra il 2 ed il 7 settembre, hanno manifestato i sintomi della polmonite». Il numero è lievitato a 256 nelle ultime ore. Ma attualmente non c’è un crescendo di casi, non c’è un continuum, come ha confermato anche il primario del pronto soccorso dell’ospedale di Montichiari. «Ma c’è bisogno ancora di qualche ora perchè venga consolidato - ha spiegato Gallera -. Diciassette i casi di legionaria, ma anche in questo caso bisogna fare gli esami». Niente allarmismi, secondo l’assessore regionale. «La legionella non si trasmette da uomo a uomo, né bevendo acqua potabile. Le persone non devono cambiare abitudini di vita, e non ci sono le condizioni per chiudere le scuole. Per tranquillizzare le persone, ogni giorno faremo una comunicazione sulle condizioni dei ricoverati e sull’andamento del fenomeno. In questo momento la risposta alle terapie antibiotiche è tendenzialmente buona e le condizioni di gravità si registrano solo in soggetti che hanno patologie concomitanti o nei grandi anziani. Attendiamo per lunedì l’esito dei campionamenti per avere un’indicazione più precisa e puntuale». Il quadro induce alla tranquillità, insieme alla garanzia del massimo impegno e della professionalità di chi non sta assolutamente trascurando nulla per individuare il problema, le cause e gli eventi scatenanti. «Verosimilmente, l’eccesso di polmonite è stato provocato da un evento ambientale, anche se l’attività di monitoraggio non esclude nulla - ha spiegato il direttore generale dell’Ats di Brescia, Carmelo Scarcella -: dalla verifica delle reti acquedottistiche ci stiamo spostando in altri contesti, come il campionamento del fiume Chiese, che rappresenta un elemento comune a tutti i luoghi dove si è verificata la massima concentrazione di casi di polmonite. Ma stiamo controllando anche le derivazioni irrigue, i sistemi di irrigazione utilizzati nell’area ma anche l’utilizzo delle acque del Chiese in circuiti di tipo industriale. Un’attività complessa, alla quale si affianca un’altra indagine sulle torri di raffreddamento delle aziende. Lunedì avremo i primi risultati sugli acquedotti dei Comuni di Carpenedolo, Calvisano, Montichiari, Acquafredda e Remedello, e successivamente i risultati dei campionamenti condotti nelle abitazioni delle persone ricoverate che hanno registrato positività alla legionella: 111 campioni, che si sommano ai sei del fiume e a quelli di due torri di raffreddamento». I sindaci degli 8 Comuni inseriti nella zona a più alto tasso di casi di polmonite hanno ricevuto da Ats il decalogo sulle norme cautelative da adottare in attesa del responso delle analisi, «ma i paesi che si trovano fuori dall’area interessata non devono adottare nessuna cautela», ha spiegato Gallera. IL MONITORAGGIO è stato esteso anche attraverso un format consegnato ai 40 medici che operano nel Comuni interessati: «Stiamo incrociando le informazioni perchè in qualche caso i pazienti trattati a domicilio, un centinaio circa, si sovrappongono a quelli che hanno fatto ricorso al pronto soccorso - sottolinea Scarcella -. L’attenzione è concentrata sui ricoverati, perché lì riusciamo ad effettuare i test diagnostici che ci permettono di valutare l’agente causale. Se non abbiamo conferma con test specifici, non possiamo parlare di polmoniti riferibili a legionella». Secondo i dati, in tutta Italia si registrano circa 1.500 casi di legionella ogni anno, 520 quelli in Lombardia. A Brescia sono stati 62 nel 2017 e 45 nel 2016. Il dato emerso in questi giorni è dunque anomalo. «Stiamo lavorando utilizzando la scarsa letteratura scientifica internazionale disponibile, per dare un’interpretazione di quanto accaduto - ha spiegato l’assessore Gallera -. L’Istituto superiore della sanità ci ha segnalato gli eventi verificatisi in altri Paesi europei, come Germania, Svezia e Portogallo». NESSUN COLLEGAMENTO invece con i casi di legionella registrati a Cazzago San Martino: «Lì è stata verificata la contaminazione dell’acquedotto della frazione di Bornato - ha spiegato Scarcella -. In questo caso ci troviamo di fronte ad una situazione molto diversa: gli acquedotti non sono interconnessi, addirittura in un Comune non c’è nemmeno. Poco probabile che lo stesso agente si sia introdotto all’interno delle reti idriche. Siamo più orientati a pensare a una diversa veicolazione. Alla base della contaminazione da legionella c’è un mix di aria e acqua, che può portare a formazioni aerosoliche che possono migrare su un territorio. In Italia un caso simile non si è mai verificato: è evidente che capire esattamente l’origine non è così semplice, né scontato». Ci vorranno mesi, appunto, perchè la fonte dell’infezione è misteriosa e non si può trascurare alcuna pista. Da quella che il batterio possa essersi propagato attraverso impianti di aerazione in luoghi di grande affluenza - come siti industriali o centri commerciali - alle torri di irrigazione ad uso agricolo che nebulizzano l'acqua. Né si esclude che possa essere stata la secca estiva del Chiese a veicolare il batterio che ha causato l'epidemia. Un'ipotesi al vaglio dell'Arpa, l'agenzia regionale per l'ambiente, coinvolta dalla Regione Lombardia nella ricerca delle cause che hanno portato alla morte di due persone. •

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