Servono 45 milioni di euro per poter disinnescare tre «bombe ecologiche»

La  cava dismessa Bicelli
La cava dismessa Bicelli
La  cava dismessa Bicelli
La cava dismessa Bicelli

Tra gli undici i siti in attesa di bonifica a Montichiari spiccano le cave dismesse Grezzi, Mor, Tortelli e Trivella, i fontanili Santa Cristina e delle Valli, la discarica cascina Fontana. Nell’elenco della Regione figurano la Tank Wash Mastras sulla via dell’aeroporto e l’area Telecom dove si è registrata una perdita da un serbatoio di carburante. Ci sono poi zone vulnerabili come la Seac 1, zeppa di rifiuti inerti e speciali (amianto e fanghi da lavorazione dei marmi), che oggi si confonde con i campi e non possiede nessuna recinzione. LA SITUAZIONE più complessa resta tuttavia quella delle ex cave Bicelli, Accini e Baratti. La firma per la bonifica dei tre siti risale addirittura al 1998. In tre anni la ValsEco si impegnava all’epoca a smaltire i rifiuti abbandonati nelle quattro cave trasformate in discariche abusive Bicelli, Bonomi, Accini e Baratti. La messa in sicurezza doveva essere la contropartita alla concessione ottenuta dalla Regione all’apertura di un nuovo sito di smaltimento rifiuti dalla capacità di un milione e 350 mila metri cubi. Un quinto dello spazio del cimitero di scarti gestito dalla ValsEco avrebbe dovuto ospitare gli scarti speciali e pericolosi, in buona parte industriali, delle bonifiche dei siti inquinati. ValsEco, prima diventata Systema e infine Gruppo Systema, ha impiegato 15 anni per mettere in sicurezza l’ex cava Bonomi. Gli altri tre bacini di escavazione esauriti sono finiti sotto la lente della magistratura, che sta indagando perché non sono mai stati messi in sicurezza i siti che - in base agli ultimi monitoraggi datati 2007 - stanno trasudando ammoniaca. Al netto delle implicazioni giudiziarie (penali e amministrative), sullo sfondo resta il nodo legato alle modalità di intervento: per rimuovere i rifiuti dai 3 bacini serve un investimento ingente, attorno ai 45 milioni di euro. Queste almeno le stime della Systema che -ritenendo finanziariamente insostenibile il trasloco dell’immondizia -, da sempre propone di rendere inoffensivi gli scarti sul «posto»: un’opzione del costo di 4 milioni. Scartata l’ipotesi del «capping », l’impermeabilizzazione del monte di scarti per evitare infiltrazioni di inquinanti, era stato anche ipotizzato di accelerare i processi di ossidazione e di mineralizzazione delle sostanze pericolose, «ventilando» con apposite perforazioni il cumulo di rifiuti. Ma per decidere serve una nuova campagna di analisi del costo di 250 mila euro. Risorse difficili da reperire. Tanto più che una sentenza del Tar di un anno fa ha allontanato la bonifica. I giudici amministrativi hanno accolto - con motivazioni diverse - il pacchetto ricorsi della Systema Ambiente e dei tre proprietari dei siti Bicelli, Baratti e Accini, annullando l’ordinanza del Comune del 2014 che imponeva ai privati di varare un piano di recupero e smaltimento dei rifiuti depositati nei bacini di smaltimento dismessi, oltre a finanziare uno studio per escludere il superamento dei livelli di contaminazione.

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