«Vogliamo il risarcimento
per il danno d’immagine»

Il sindaco di Ghedi  Lorenzo Borzi
Il sindaco di Ghedi Lorenzo Borzi
Il sindaco di Ghedi  Lorenzo Borzi
Il sindaco di Ghedi Lorenzo Borzi

Lo scandalo dell’Italcarni ha avuto suo malgrado delle ripercussioni sulla Giunta di Ghedi, non tanto o meglio non solo perchè il macello è comunale. L’esecutivo è finito nell’occhio del ciclone soprattutto perchè il titolare Federico Osio condannato ieri è il cognato del sindaco Lorenzo Borzi. Un legame familiare che non ha tuttavia inciso sull’atteggiamento intransigente del Comune che si è costituito parte civile nel processo ottenendo un risarcimento di 13 mila euro. Il danno di immagine sarà quantificato da un giudice civile. La prima udienza è fissata per il 18 maggio. Nel frattempo l’Italcarni si è trasformata in Adm carni: nella nuova società non figura più il titolare finito a processo ma Rina Lazzari e Ivonne Cosio, rispettivamente mamma e moglie di Federico Osio.

LA VICENDA LEGALE è seguita per delicatezza dal vicesindaco Vittorio Damiani, ma Borzi non si esime dal formulare qualche valutazione sulla vicenda. «La Giunta è estranea alla vicenda e non ha mai né omesso controlli né coperto nessuno come qualcuno ha voluto far credere durante l’inchiesta -precisa il sindaco -. Il controllo spettava ai veterinari dell’Asl che per l’appunto sono stati condannati. La convenzione per la gestione del mattatoio con Osio era stata sottoscritta dal Comune dieci anni prima che fossi eletto sindaco». Borzi non commenta la sentenza: «Chi ha sbagliato è giusto che paghi - si limita a osservare -. Quello che stigmatizzo l’uso distorto che alcuni hanno fatto della parentela per poter criticare il sindaco non avendo altri argomenti. Posso invece affermare che quello che dovevamo fare, lo abbia fatto senza sottrarci ai nostri doveri».

Per quel che riguardo il rinnovo della convenzione alla società che ha cambiato ragione sociale, togliendo dai soci Federico Osio, Borzi spiega «che la ditta ha mantenuto la stessa partita Iva, quindi il Comune non poteva rifiutare il rinnovo. La convenzione prevede che una volta rimossi i motivi all’origine della potenziale richiesta di revoca, in questo caso la presenza di Osio come titolare, non è più applicabile ricorrere alla clausola per la risoluzione dell’accordo - spiega Borzi -: ad ogni modo la partita è stata gestita dai legali, senza che fossi coinvolto». M.MON.

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