Afide dei cipressi, c’è un nuovo focolaio

di Luciano Scarpetta
Il focolaio scoperto a Gardone
Il focolaio scoperto a Gardone
Il focolaio scoperto a Gardone
Il focolaio scoperto a Gardone

A due anni dall’epidemia che solo sulla costa occidentale del Garda colpì quasi 15mila piante, torna a fare paura l’afide del cipresso (Cinara cupressi), il parassita che «arrugginisce» e rinsecchisce le chiome di queste essenze arboree tra le più caratteristiche del paesaggio benacense. A lanciare l’allarme è Fiorenzo Pandini, dell’Ordine degli agronomi di Brescia. «In queste settimane abbiamo monitorato circa duecento conifere nella fascia tra Padenghe e Limone, individuando nella zona compresa tra il Vittoriale e Fasano un nuovo focolaio dell’afide parassita». IL FENOMENO sta preoccupando non poco gli agronomi locali, anche perché fino ai disastri di un paio d’anni fa nel comprensorio gardesano i casi erano molto pochi. «Sì - ammette Pandini - prima di allora, quando venne infestato il 50% dei cipressi nel triangolo compreso tra le provincie di Mantova, Brescia e Verona, la Cinara aveva provocato danni solo in Toscana e nel Lazio». Stiamo parlando di un parassita stranissimo, che a differenza del 99,9% di tutte le altre specie che attaccano in primavera ed estate, si sviluppa nei mesi di dicembre e gennaio. L’afide non uccide i cipressi, ma li rovina essiccando le chiome. «Nel 2016 - ricorda Fiorenzo Pandini - la stragrande maggioranza delle piante superò la fase acuta, ricostituendo la massa vegetale. Meno del 2% delle piante arrossate venne tagliato, e dai nostri rilievi del primo semestre del 2016, eseguiti su un campione di 900 cipressi danneggiati e 600 alberi sani, è stata confermata una forte regressione dell’acaro unitamente a una ripresa vegetativa: il 95% dei cipressi che apparivano compromessi oggi ha riemesso nuovi rami. Solo in casi di epidemie ripetute la pianta può sparire». Proprio per questo motivo il ritorno del parassita sta inquieta gli esperti. «Il fenomeno di questa annata - ipotizza Pandini - potrebbe essere solo un caso e non è detto che si propaghi in una zona vasta come due anni fa. Può darsi che si fermi, anche se al momento è difficile interpretare quello che sta accadendo. Da parte nostra è doveroso segnalare il caso, spetterà poi ai comuni e ai privati scegliere se adottare una soluzione conservativa, aspettando nei mesi successivi l’eventuale ripresa vegetativa, o utilizzare insetticidi». Tre le soluzioni possibili: insetticida nel terreno che verrà assorbito dalla radice, iniezioni nel tronco e irrorazioni sulla chioma. «Quest’ultima è la scelta più economica - precisa Pandini - ma va eseguita correttamente altrimenti è del tutto inutile». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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