Cinghiali, si aspetta la decisione del Gip

di P.BAL
Piani di abbattimento sotto la lente dei giudici
Piani di abbattimento sotto la lente dei giudici
Piani di abbattimento sotto la lente dei giudici
Piani di abbattimento sotto la lente dei giudici

Chiuso da tempo il fascicolo delle indagini, effettuate dai carabinieri forestali della stazione di Vobarno e coordinate dal Pm Ambrogio Cassiani, ieri per il caso della «gestione» dei cinghiali in provincia di Brescia, che da politico è diventato anche giudiziario, si è aperta una fase cruciale: quella che potrebbe portare a sospensioni dalle funzioni (con l’eccezione dell’unico politico indagato, il presidente della Provincia, che non è stato sentito) e successivamente agli eventuali rinvii a giudizio per otto persone. Il Gip Cesare Bonamartini ha infatti interrogato gli indagati, che si sono presentati in Procura rispondendo al magistrato, ma difficilmente quest’ultimo prenderà decisioni prima di lunedì; anche in merito all’eventuale apertura di un processo. Dagli inquisiti non sono arrivati commenti. Irraggiungibili il comandante della polizia provinciale, Carlo Caromani, e il suo ufficiale Dario Saleri, l’unico che ha risposto al telefono dopo il passaggio davanti al Gip è stato l’altro ufficiale della provinciale finito sotto inchiesta, Gianluca Cominini, il quale però, tra l’ironico e il seccato, ha affermato: «Ora che sono indagato non parlo più con i giornalisti». OLTRE alle persone citate, le indagini hanno coinvolto il presidente della Provincia, Pierluigi Mottinelli, un altro funzionario dell’ex ufficio Caccia del Broletto, Raffaele Gareri, il presidente (sfiduciato dal Comitato di gestione) dell’Ambito territoriale unico di caccia, Oscar Lombardi, e i direttori attuale e precedente dell’Ufficio territoriale regionale di Brescia, Giulio Del Monte e Alberto Cigliano. Pesanti le ipotesi di reato ipotizzate dai carabinieri forestali di Vobarno e fatte proprie dal pubblico ministero. La più forte è quella di peculato, che nasce dalla presunta appropriazione e dal presunto lucro derivante dalla cessione di carcasse di cinghiali abbattuti durante i piani di contenimento (la legge prevede la messa all’asta di quello che è un bene dello Stato e l’uso del ricavato per il risarcimento dei danni causati dalla specie). Poi ci sono l’uccisione di animali, che secondo la tesi accusatoria sarebbe stata immotivata per via del mancato ricorso (obbligatorio) ai metodi di contenimento ecologici, e l’inquinamento ambientale, per via dell’incremento dei cinghiali causato paradossalmente proprio dalla caccia. • .

Suggerimenti