La Lav: «Si investe ancora in un settore che crea solo fallimenti e dolore»

di P.BAL.
La sperimentazione animale: un nodo etico e scientifico
La sperimentazione animale: un nodo etico e scientifico
La sperimentazione animale: un nodo etico e scientifico
La sperimentazione animale: un nodo etico e scientifico

Qualcuno può pensare che il movimento che da decenni, anche in Italia, si batte contro la sperimentazione animale sia mosso solo da motivazioni etiche. Non ci sarebbe niente di strano se fosse davvero così; perché contrariamente all’effetto dei farmaci testati sugli animali prima che sull’uomo, la cui fallibilità, come vedremo, è a dir poco elevata, il dolore, quello sì, è probabilmente uguale in tutti gli esseri viventi dotati di un sistema nervoso centrale. Così come è dolorosa la stabulazione in condizioni lontanissime da quelle richieste dall’etologia delle specie utilizzate. Il problema è che, etica a parte, secondo i detrattori esistono solide motivazioni scientifiche per affossare questa pratica, che per quanto possa sembrare paradossale, sarebbe molto lontana dall’affidabilità scientifica. Lo ricordano da decenni anche in Italia associazioni come la Lav, la Lega antivivisezione, e l’attacco, appunto, viene portato non solo sul piano della sofferenza, ma anche su quello dell’efficacia. Può sembrare strano, ma la predittività, ovvero l’attendibilità di quello che i tecnici definiscono «modello animale» - la sperimentazione di farmaci di vario genere su topi, ratti, cani e anche primati geneticamente simili (e molto) all’uomo, dai macachi agli scimpanzè, non è mai stata certificata. Per scoprirlo basterebbe avere la pazienza di ricercare nella ormai vasta letteratura scientifica in materia; ma forse la citazione di un caso eclatante - quello della ricerca sul virus dell’Hiv - può bastare per smontare la presunta necessità di usare altri essere viventi per curare le malattie umane. In un quadro che vede un indice di fallibilità del modello animale che tocca la percentuale del 95%, ovvero la verifica di reazioni umane diverse da quelle animali rispetto allo stesso farmaco/prodotto, spiccano i clamorosi flop della ricerca di un vaccino che potesse sconfiggere l’Aids. All’inizio della diffusione della malattia, più volte la scienza ha ipotizzato che il virus si fosse originato tra i primati africani. E proprio su questi si è concentrata la sperimentazione di vaccini: si è arrivati a testarne ben 85 con risultati interessanti sugli scimpanzè e su altre scimmie; peccato che 197 diversi studi clinici successivi ne abbiano poi dimostrato l’inefficacia sulle persone. Eppure i primati ci assomigliano: chissà allora cosa ci si deve aspettare da prove farmaceutiche su topi o ratti. Prove che solo nel 2016 (i dati ufficiali raccolti si fermano a quell’anno) hanno portato a sacrificare in Italia più di mezzo milione di animali; prevalentemente roditori. Quali risultati scientifici offrirà questo sacrificio? Una mattanza che come ricorda la biologa Michela Kuan, responsabile dell’area Ricerca senza animali della Lav, è preceduta da altre forme di sofferenza e tortura. «IL DECRETO legislativo 26 del 2014, la norma che ha recepito la direttiva europea sulla sperimentazione animale, indica questa pratica come ultima ratio da prendere in considerazione, preceduta da quei metodi di ricerca alternativi che, per tutta Europa, sono sottoposti alla validazione da parte di Ecvam (European centre for the validation of alternative methods), un organismo che ha sede proprio in Italia e che, stranamente, non è stato invitato al convegno di Gargnano - sottolinea Kuan -. Forse per i promotori era più interessante continuare a proporre solo modelli animali». «Si continua a investire in questo settore che genera fallimenti e dolore - aggiunge la biologa -; sofferenze che iniziano ben prima delle prove di laboratorio. Se infatti è inaccettabile che quasi la metà degli esperimenti rientri nella categoria del dolore moderato o grave, e che si assista a un incremento di quelli fonte di dolore elevato, per gli animali la tortura è una costante. Per esempio per eserciti di topi e ratti che, da animali tendenzialmente notturni, vengono allevati e stabulati in piena luce in scatole prive di qualsiasi riparo».

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