Avrebbe compiuto 109 anni il prossimo 18 settembre. Caterina Danesi è morta invece l’altro ieri nel suo letto da cui si sente lo sciabordio del lago, nella Casa di riposo Sorelle Girelli, a Marone. Il lago è sempre stato lo scenario di fondo preferito della sua vita. Nata a Solto Collina, si era poi trasferita a Marone, dove ha lavorato come magliaia e ricamatrice, aprendo persino un negozio, in via Roma. Dopo le nozze con Paolo Capigliosi si era trasferita a Brescia, specializzandosi nel ricamare col filo d’oro i paramenti sacri. Non aveva avuto figli. Il marito è sepolto nella frazione di Vello. Caterina era persona spiritosa, mite di carattere, ma gelosa della sua autonomia. Sino all’età di 102 anni, determinata a non mollare, ha continuato a vivere da sola. Il suo elisir di lunga vita? «Mangiar poco, ma buono», rispondeva. Niente diete vegetariane, meglio dedicarsi a piatti più saporiti, come polenta e osèi, cotechini, soppresse, capù scapàcc, salami e lumache, anche se quelle aveva smesso di cucinarle «per non sentirle piangere». Dopo i 102 anni si era dovuta arrendere. Alla Casa di riposo di Marone si era subito fatta benvolere per la serenità con cui accettava i malanni dell’età e le piccole contrarietà della giornata. Da ultimo, non appena tornava a star bene, superata una crisi, soleva ripetere: «El Signùr èl s’è desmentegàt de mé, eco perché él mè ciama mìa». Un’altra frase che Caterina Danesi pronunciava spesso, riferendosi ai sacrifici e alle fatiche di tutta una vita, era: «Laurà tat? Val mìa la pena». G.Z.