Un grado in più in 10 anni per le acque in profondità

di L.SC.
Un esemplare di coregone
Un esemplare di coregone
Un esemplare di coregone
Un esemplare di coregone

I cambiamenti climatici in atto sono inesorabilmente tra i fattori maggiormente responsabili delle alterazioni della temperatura del Garda. La conferma giunge dagli uffici della Comunità del Garda, ente già capofila per l’Italia, tra il 2010 e il 2013, del progetto Eulakes, studio internazionale sull’effetto del riscaldamento climatico condotto su 235 laghi sparsi in sei continenti. «I DATI RACCOLTI – analizza il segretario generale Pierlucio Ceresa - hanno evidenziato profili di rischio molto preoccupanti. Negli ultimi tre decenni la temperatura media del lago è aumentata di 0,5-1 grado». L’ultima circolazione completa delle acque è stata invece documentata dalla Fondazione Edmund Mach nel 2006: in quell’occasione al di sotto dei 200 metri furono misurate temperature attorno a 7,6 gradi. Alla fine del 2015, invece, con il perdurare dello stato di incompleto mescolamento, le temperature sono arrivate a 8,6 gradi. «A livello di ittiofauna - spiega Ceresa - il rischio maggiore è la proliferazione di specie non autoctone come ad esempio il gambero della Louisiana. La presenza di salmonidi come la trota e il carpione attesta invece la buona qualità delle acque, ma è necessario fare attenzione all’aumento dei ciprinidi come le carpe o il persico». Discorso a parte merita il coregone: «Si tratta di un pesce che notoriamente predilige ambienti a clima più freddo e da qualche decennio soggetto a massiccia pesca commerciale. In una prospettiva di riscaldamento, la sua adattabilità all’ambiente del lago è da approfondire». La diminuzione delle precipitazioni e l’aumento dell’evaporazione nei mesi estivi, comporta inoltre una notevole diminuzione dei livelli. Per questo da qualche anno la Comunità del Garda sta razionando nei mesi invernali le uscite verso il mantovano. Il livello attuale, 109 centimetri alle zero idrometrico di Peschiera, con uscite a 15 metri cubi al secondo, consente di guardare ai prossimi mesi con sufficiente serenità. «Il 2018 - sottolinea Ceresa - è stato del resto classificato dagli esperti come l’anno più caldo per l’Italia negli ultimi 200 anni, e per questo cerchiamo di adottare contromisure efficaci».

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