Corda Molle, addio al maxi bosco anti-smog

di Cinzia Reboni
Uno dei cortei di  protesta degli espropriati della Corda Molle
Uno dei cortei di protesta degli espropriati della Corda Molle
Uno dei cortei di  protesta degli espropriati della Corda Molle
Uno dei cortei di protesta degli espropriati della Corda Molle

Nell’estenuante partita degli espropri per la costruzione della Corda Molle, il Ministero delle Infrastrutture e Anas incassano un’altra imbarazzante sconfitta davanti al Tar. E stavolta il caso finirà anche sotto la lente della magistratura contabile, che dovrà stabilire se nella gestione dell’operazione è stato provocato un danno erariale. Nel complesso calcolo dei risarcimenti dovuti ai privati, gli espropri verranno a costare il 40% in più rispetto alla quotazione originaria dei terreni. Per questo il Tar ha trasmesso la documentazione della causa alla Corte dei conti. Ma sullo sfondo si staglia il rischio concreto che le opere di mitigazione previste per la costruzione della Corda Molle - circa di 10 ettari di bosco - non vengano più realizzate. Tutto è legato al ricorso presentato da 7 agricoltori di Castenedolo, assistiti dagli avvocati Enzo Barilà e Gianfranco Zanetti, contro il Ministero delle Infrastrutture, Anas e Autostrade Centro Padane. Gli espropriati chiedevano il risarcimento dei danni provocati dall’occupazione illegittima di parte del fondo agricolo, di quelli per l’equivalente del valore della ghiaia asportata dai terreni usati per la bretella, e la restituzione degli appezzamenti espropriati per la realizzazione di opere di mitigazione mai eseguite. I privati esigevano anche il pagamento del ripristino. Della superficie complessiva di 144.490 metri quadrati, solo 50.425 sono stati utilizzati per realizzare le opere autostradali, mentre 92.195 dovevano ospitare il bosco, «ma sono finiti per essere utilizzati solo come deposito di terra», si legge nel ricorso. Per il terreno diventato asfalto, il Tar ha deciso che va pagato il prezzo stabilito all’epoca, vale a dire 13 euro al metro quadro, con l’aumento del 5% per ogni anno di occupazione illegittima. Tenendo conto che l’esproprio andava ultimato entro novembre 2012 - ma non c'è stato dunque il trasferimento delle proprietà dei terreni al demanio pubblico -, si parla quindi di un incremento del 30% sul prezzo iniziale, a cui va aggiunto il 10% per danno morale. La parte trasformata in bretella autostradale viene quindi a costare il 40% in più rispetto alla cifra stabilita inizialmente. «É FISIOLOGICO che il Tar trasmetta gli atti alla Corte dei Conti - spiega l’avvocato Barilà -: gli espropri mal fatti costano di più di quelli fatti bene e qualcuno, sbagliando, ha creato danni all’Erario». Alla fine però il tema principale non è tanto la questione economica - «si può ipotizzare circa un milione di euro - sottolinea Barilà -, a cui andrà detratto l’80% relativo all’acconto già incassato per i terreni non trasformati in autostrada, che i proprietari devono restituire -, quanto l’aspetto ambientale. Per riequilibrare il consumo di suolo, era stata promessa una piantumazione intensiva, un bosco di 92 mila metri quadrati. In realtà è stata accumulata terra, ma le piante non sono mai state innestate. Ora il terreno, secondo il Tar, va restituito ai proprietari, ma la mitigazione ambientale che fine ha fatto? Quanto costerà rimettere a posto il terreno? E il danno chi lo pagherà?». Senza contare che bisognerà indagare se sotto la terra rimossa ci sono inquinanti. Il Tar ha condannato il Ministero a saldare l’ultima tranche del 20% dell’importo dovuto per i terreni trasformati in bretella. Per quanto riguarda i poderi inutilizzati, dovrà restituirli ai proprietari nelle condizioni originali, ovvero con lo strato di ghiaia e di terra. I giudici hanno anche nominato un commissario ad acta, - il viceprefetto Salvatore Pasquariello-, che dovrà gestire la partita se il Ministero non adempirà alla sentenza entro 120 giorni. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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