Tav, per Mazzano
appuntamento
«al buio»

Cantieri Tav: da gennaio Mazzano «ospiterà» la prima fase dei lavori per la nuova tratta Brescia-Verona

Ha detto proprio «Mazzano». L’audio è forte e chiaro, la voce è quella di Renato Mazzoncini, amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, e la frase completa, pronunciata sabato in città, dice così: i primi cantieri della Tav Brescia-Verona pianteranno le tende sul territorio di Mazzano da gennaio, fra tre mesi da adesso.

Finisce dunque fra le dita del sindaco Maurizio Franzoni il cerino acceso, e scotta parecchio. Inizialmente previsto fra Lonato e Desenzano (dove sarà scavata una galleria artificiale a doppia canna lunga 7 chilometri) il primo lotto «effettivo» della nuova ferrovia parte invece dal Comune dell’hinterland.

«LO APPRENDIAMO dalla stampa, e non posso dire che sia una sorpresa piacevole - spiega il primo cittadino di Mazzano -. Non abbiamo ricevuto comunicazioni e, come tutti gli altri Comuni, non abbiamo ancora visto il progetto esecutivo, né il piano particellare degli espropri, né riscontri certi sul recepimento delle nostre osservazioni al progetto preliminare del 2014».

Appuntamento al buio, o quasi, perché il progetto definitivo, approvato dal Cipe il 27 luglio scorso, di fatto non è ancora ufficiale: prima deve passare dalla Corte dei Conti (ci sono fondi per 2.5 miliardi) ed essere pubblicato in Gazzetta ufficiale.

Prima di allora l’unica cosa certa è proprio questa: che i cantieri partiranno da Mazzano, per realizzare il tracciato che da qui procederà per Calcinato verso est, lasciando invece un «buco» tra Rezzato e Brescia, aspettando il quadruplicamento della linea storica in uscita dalla città, previsto all’ultimo lotto dal 2022.

Il territorio di Mazzano, fra il confine con Rezzato da una parte e con Calcinato dall’altra, sarà attraversato per circa 4 chilometri, con binari da costruire a raso.

«Siamo praticamente sicuri - spiega Franzoni - che la versione definitiva del progetto abbia eliminato il famigerato “salto di montone”, la nostra maggiore preoccupazione».

Dicesi «salto di montone» un viadotto lungo circa 5 chilometri e alto 14 metri sul piano campagna, un mostro, che doveva scavalcare la collinetta di Ciliverghe, accanto alla casa degli Alpini, contestualmente alla connessione fra lo «shunt» (il passante di Montichiari), l’interconnessione Brescia Est e la direttrice principale della ferrovia.

«ELIMINATO lo shunt - dice Franzoni - dovrebbe essere stato eliminato anche il “salto di montone“, al quale il nostro Comune si era opposto per l’impatto visivo, sonoro e cantieristico terrificante».

Lievemente scosso dalla notizia che fra tre mesi dovrà fare spazio ai cantieri, il sindaco di Mazzano rivendica comunque il lavoro fatto per mitigare l’impatto dell’opera.

«Per me è un bene che la Tav fermi a Brescia, che con lo shunt rischiava di essere tagliata fuori: per la città è un’opera strategica. Ma noi abbiamo cercato di tutelare il nostro territorio e i nostri cittadini. Abbiamo presentato osservazioni, grazie alla collaborazione del professor Maurizio Tira, oggi rettore dell’Università di Brescia: oltre al salto di montone, abbiamo avanzato richieste sul sottopasso di via Matteotti a Ciliverghe, sulle abitazioni che si affacciano sulla ferrovia, sulla viabilità. Non sappiamo di preciso come siano state recepite: vedremo il progetto».

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