Mamma morta durante il parto
Riaperta l’inchiesta di Desenzano

di Cinzia Reboni
L’ingresso dell’ospedale di Desenzano teatro della tragedia Stella Migale aveva 37 anni
L’ingresso dell’ospedale di Desenzano teatro della tragedia Stella Migale aveva 37 anni
L’ingresso dell’ospedale di Desenzano teatro della tragedia Stella Migale aveva 37 anni
L’ingresso dell’ospedale di Desenzano teatro della tragedia Stella Migale aveva 37 anni

Tre mesi di indagini supplementari per fare piena luce sulla tragedia di Stella Migale, la mamma di 37 anni morta nella sala parto dell'ospedale di Desenzano mentre stava per dare alla luce il secondogenito Andrea, deceduto pochi mesi dopo la nascita. Le ha disposte il giudice per l'udienza preliminare Alessandra Sabatucci accogliendo parzialmente l'istanza dei familiari della vittima, originari di Carpenedolo, che si opponevano alla richiesta di archiviazione avanzata dal pm Ileana Dolce per gli otto indagati per omicidio colposo, fra medici, infermieri e anestesisti del Santacroce. Sulla decisione del Gip di prorogare l'inchiesta ha pesato il corposo fascicolo prodotto dalla difesa, frutto dell'attività investigativa svolta dall'avvocato Gianfredo Giatti. Sotto la lente dell'istruttoria extra finirà fra l'altro la registrazione della conversazione tra il direttore sanitario del presidio di Desenzano e alcuni componenti dell’equipe che aveva in cura Stella Migale. Un colloquio concitato, quello contenuto nell'intercettazione privata effettuata dal cognato della vittima, in cui emergerebbe secondo la difesa che il feto sarebbe stato estratto con ritardo rispetto alle prime sofferenze evidenziate dal monitoraggio. Per questo il Gip ha disposto una perizia fonografica sul file di registrazione e la trascrizione completa della conversazione fra i medici.

I TEMPI DI INTERVENTO nelle drammatiche ore trascorse fra l’ingresso nella sala travaglio e il decesso della 37enne che fino a quel momento aveva condotto una gestazione senza alcun problema, giocano del resto un ruolo chiave nello stabilire eventuali responsabilità. «Il feto deve essere estratto immediatamente, alle prime complicazioni, sia per favorire la rianimazione materna, sia per minimizzare il rischio di danno cerebrale al bambino», si legge nella stessa perizia dei consulenti della procura Chen Yao ed Enzo Rezzonico quando trattano in termini generali il protocollo di intervento nel caso di embolia amniotica, la complicazione clinica che ha ucciso Stella Migale titolare di una pizzeria d’asporto a Castiglione. «Una sindrome imprevedibile e non preventivabile», viene specificato dai periti del pm, che non hanno riscontrato «profili di colpa professionale nei confronti degli operatori che si sono avvicendati nella cura della paziente». Ma secondo i consulenti della famiglia Migale, Terlisio Mauro e Mauro Meroni, ascrivono invece l'insorgere dell'embolia amniotica alla ritardata rimozione del Propess, un dispositivo medico-farmacologico per indurre il parto. I periti hanno imputato al personale dell’ospedale, anche presunte carenze nei monitoraggi delle funzioni sul feto. Altri due aspetti su cui il Gip ha chiesto di approfondire con il supplemento di indagini, che prevedono il riesame di alcune testimonianze chiave.

ENTRO NOVANTA giorni insomma è attesa quella verità che Antonio Virelli, marito della vittima, e Agostino Migale, padre di Stella, invocano da tempo. Di fronte alla richiesta di archiviazione del pm, i familiari si erano rivolti anche al ministro della Salute Beatrice Lorenzin e al governatore della Lombardia Roberto Maroni con una lettera che conteneva un dettagliato resoconto della tragedia avvenuta il 24 giugno del 2014. A partire dai 45 minuti trascorsi dal momento dell’anestesia epidurale fino al taglio cesareo, operazione peraltro rallentata da un’ecografia «con un macchinario - si legge nella ricostruzione dei familiari - che funzionò a rilento». «Ho perso la moglie e un figlio: non posso accontentarmi di una verità qualsiasi, voglio la verità», ha sempre sostenuto Antonio Virelli. E, forse, la verità ora è più vicina.

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