Referendum,
il futuro dell’acqua
è un rebus

di Cinzia Reboni

Solo ieri i dati del referendum provinciale sull’acqua di domenica sono diventati definitivi con i risultati delle ultime due sezioni di Polpenazze. L’affluenza si è attestata al 22,30%. Hanno votato 216.479 cittadini su 970 mila. Schiacciante la vittoria dei «sì», 209.212 pari al 96,64%, contro il 3,19% dei «no» equivalenti a 6.909 suffragi. Le schede nulle sono state 183, quelle bianche 175. L’esito cristallizzato non modifica un’analisi fluida: esulta il Comitato Acqua Pubblica, riuscito a portare alle urne un quinto della provincia, rivendica la vittoria in virtù del forte astensionismo anche il fronte «carsico» del no. La parola torna alla politica, e in particolare alla Provincia. Che, ratificato in aula il risultato del referendum come prevede lo statuto, dovrà riconvocare la conferenza dei sindaci. L’assemblea potrà confermare la scelta del 2016, ovvero la gara per individuare un socio privato della società a maggioranza pubblica, come auspica l’Ato, oppure decidere - come chiesto da oltre 209 mila cittadini - che la gestione del ciclo idrico resti interamente pubblica. A2A continuerà a gestire la sua ottantina di Comuni fino alla scadenza delle concessioni, per poi passarli ad Acque Bresciane. La discriminante è quando il neopresidente del Broletto Samuele Alghisi deciderà di convocare l’assemblea, ovvero prima o dopo le elezioni amministrative in programma l’anno prossimo, che coinvolgeranno oltre 160 Comuni. Nel primo caso saranno i sindaci in scadenza a decidere il futuro dell’acqua dei prossimi 30 anni. Alghisi ha comunque assicurato che sarà garante istituzionale dell’indicazione emersa dal referendum. «Bisogna tener conto del voto di oltre 209 mila bresciani che hanno sostenuto la battaglia del Comitato - spiega il presidente della Provincia che ha votato sì -. Il 22,3% dei cittadini tiene in modo particolare al concetto di gestione pubblica dell’acqua. Ignorarli sarebbe un errore imperdonabile». Alghisi osserva che «si tratta di un voto disomogeneo, che ha visto picchi anche del 45% in alcune zone, e percentuali molto basse in altre. Va considerato anche il 77,7% che non è andato a votare: anche questo è un segnale forte». In ogni caso «stiamo già lavorando con i sindaci per valutare l’esito della consultazione popolare - sottolinea Alghisi -, impegnandoci per cercare le soluzioni e recuperare il tempo perduto. Restare fermi sarebbe la cosa più sbagliata».

LA GESTIONE del ciclo idrico è un complesso sistema di pesi e contrappesi finanziari, tecnologici e manageriali che devono assicurare acqua di qualità a tariffe accessibili. Sullo sfondo ci sono quattro nodi da sciogliere: quello dei Comuni che sfidando la legge vogliono mantenere la gestione diretta, i costi in bolletta che rischiano di diventare comunque pesantissimi, le risorse per sostenere 1,42 miliardi di investimenti necessari a scongiurare le sanzioni Ue. Più delicato l’ipotetico riscatto delle reti e il subentro di Acque Bresciane nei Comuni attualmente sotto l’egida di A2A, al centro di interpretazioni opposte sui costi da sostenere. Ma gli scenari potrebbero essere azzerati se il Governo approverà il disegno di legge che esclude i privati dalla gestione dell’acqua. Una proposta di legge presentata dal M5S che non ha dubbi sul verdetto del referendum. «C’è poco da interpretare: si convochi l’assemblea dei sindaci e si sancisca una volta per tutte la gestione totalmente pubblica del servizio idrico», afferma Vito Crimi, sottosegretario per l’Informazione e l’Editoria. «Il referendum del 2011 è stato ignorato e calpestato per sette anni - incalza il sottosegretario per il Lavoro e le Politiche sociali Claudio Cominardi -. Il palese disprezzo verso l’espressione popolare ha convinto molti cittadini che votare fosse inutile. Questo contribuisce a rendere ancora più significativo il fatto che oltre 216 mila persone si siano recate alle urne per ribadire un concetto già chiaro nel 2011: sull’acqua non si lucra».

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