Dolomite Franchi dimenticata dalla politica

di Giuseppe Zani
L’emblematico aspetto della  cava Calarusso in  territorio   di ZoneLa cava fornisce la materia prima allo stabilimento di Marone
L’emblematico aspetto della cava Calarusso in territorio di ZoneLa cava fornisce la materia prima allo stabilimento di Marone
L’emblematico aspetto della  cava Calarusso in  territorio   di ZoneLa cava fornisce la materia prima allo stabilimento di Marone
L’emblematico aspetto della cava Calarusso in territorio di ZoneLa cava fornisce la materia prima allo stabilimento di Marone

L’incontro in Broletto è fissato per martedì. Ma in quasi cinque anni nessuna risposta era sinora arrivata dalla Provincia di Brescia in merito alla proposta migliorativa del Piano cave presentata il 5 agosto 2014 dalla Dolomite Franchi. PER SBLOCCARE lo stallo ci sono volute due recenti lettere, entrambe indirizzate al presidente della Provincia. La prima, firmata da Alessandro Romano, direttore dello stabilimento di Marone, ventila l’intenzione di ricorrere alla Regione per avere finalmente un riscontro; la seconda, scritta dal sindaco di Zone, Marco Zatti sprona l’amministrazione pubblica a darsi un colpo di acceleratore per sincronizzarsi con le esigenze pianificatorie proprie dell’imprenditoria privata. In base al Piano cave vigente, in scadenza nel 2021, la Dolomite Franchi potrebbe continuare a scavare verso ovest abbattendo il diaframma di rocce che renderebbe visibile dal lago la cava Calarusso, posta sul confine tra Marone e Zone. L’azienda maronese, tuttavia, si è attivata volontariamente - e con largo anticipo - inoltrando in Provincia il 5 agosto 2014, una proposta alternativa che, studiata in collaborazione con l’Università Bicocca, prevede l’avanzamento del fronte di scavo verso Est, a ridosso del monte Pura, in territorio di Zone, al riparo da occhi indiscreti. «La soluzione alternativa comporta un investimento di 5 milioni di euro in quattro anni- spiega il direttore Alessandro Romano - soldi che servono a finanziare la costruzione della strada d’arrocco, la perforazione della galleria dentro cui la dolomia viaggerà su nastri trasportatori, la realizzazione del pozzo che consentirà di far arrivare il materiale estratto all’impianto di frantumazione e poi ai carrelli della teleferica». L’inversione a U della direzione di scavo presenta indubbi vantaggi. In primo luogo, l’attività di coltivazione del giacimento creerà a ovest un fronte di abbandono definitivo che renderà invisibile sia dal lago che dall’abitato di Zone l’imbuto della Calarusso. In secondo luogo, il pozzo di gettito accorcerà in cava le distanze da percorrere su gomma. In terzo luogo, si ridurrà l’impatto di polveri e rumori. INFINE, l’approvvigionamento di dolomia per la produzione, sarà assicurato per molti decenni. Il progetto d’intervento mira a contemperare efficacemente le esigenze imprenditoriali della Dolomite Franchi con quelle della tutela del paesaggio e dell’interesse pubblico. E invece, come detto, è stato ignorato per quasi cinque anni dagli uffici della Provincia. «Ci preme confermare - si legge nella missiva spedita dal sindaco di Zone, l’ente proprietario della cava Calarusso - che la Dolomite Franchi rappresenta per il Sebino un soggetto di rilevante importanza per l’economia locale. Il Comune di Zone, che risente delle difficoltà tipiche delle economie di montagna, trova nei proventi di escavazione un beneficio irrinunciabile per il pareggio del proprio bilancio». Zatti sottolinea che gli enti locali e territoriali devono garantire un servizio il più possibile efficiente e tempestivo, specie quando da loro dipendono le potenzialità di sviluppo o semplicemente di sopravvivenza del territorio. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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