I primi avventurosi 98 anni di Giuseppe

di F.SCO.
Giuseppe Bono  di Paderno con la sua inseparabile coperta  militare
Giuseppe Bono di Paderno con la sua inseparabile coperta militare
Giuseppe Bono  di Paderno con la sua inseparabile coperta  militare
Giuseppe Bono di Paderno con la sua inseparabile coperta militare

Grande festa a Paderno per i 98 anni di Giuseppe Bono, sopravvissuto dei campi di concentramento tedeschi dove fu prigioniero come internato militare dopo l’8 settembre del ’43 insieme a centinaia di migliaia di altri soldati italiani. Classe 1921, Bono sarà festeggiato oggi nella casa in cui vive attorniato dai ricordi più cari. Ad aiutarlo a spegnere le candeline ci penseranno la moglie Luisa, le figlie Elena e Loretta e tanti amici e parenti. Non mancherà la sua coperta, una sorta di portafortuna che l’ha accompagnato nella sua odissea attraverso la follia del nazifascismo e della guerra. A Paderno tutti lo conoscono anche perché per tanti anni ha gestito il negozio di alimentari Vegè. Partì per il militare come soldato d’artiglieria nel 1942 assegnato al corpo d’armata a Napoli. L’armistizio dell’8 settembre 1943 gettò nel caos il Paese. Disorientato, senza ordini, a Bologna il soldato Giuseppe Bono fu catturato con tanti altri dai nazisti. «Fummo circondati e disarmati. I tedeschi, ormai padroni della piazza, ci buttarono come fossimo degli animali da macello su un carro bestiame diretto, ma allora non lo sapevamo, verso un campo di concentramento. Non ricordo che nome avesse, ma so che era a pochi chilometri da Berlino. La vita in quel posto era dura - commenta l’ex internato -: lavoro da schiavi e tanta fame. Cercavano dei carpentieri e mi feci avanti, anche se quel mestiere proprio non sapevo farlo. Ma era l’unico modo per non morire. Mi fecero lavorare con dei civili, nei luoghi dove le bombe avevano procurato danni, e la sera mi riportavano nel campo di concentramento». Una prigionia infernale: «Per sopravvivere rubavamo i resti di patate tra gli scarti, nella paura costante di essere ucciso. Grazie al cielo ad aprile del 1945 arrivarono i russi. Finalmente libero con mezzi di fortuna e a piedi feci ritorno a casa. Pesavo poco più di 40 chili, ma la vita ricominciava a sorridere. Spero che mai più accadano quelle sciagure di cui fui mio malgrado testimone». •

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