Il regista di
Christo racconta
il miracolo

di Cinzia Reboni
Antorio Ferrera alla stazione di Brescia durante il viaggio verso Iseo
Antorio Ferrera alla stazione di Brescia durante il viaggio verso Iseo
Antorio Ferrera alla stazione di Brescia durante il viaggio verso Iseo
Antorio Ferrera alla stazione di Brescia durante il viaggio verso Iseo

«Mio padre era un romantico. Voleva farmi nascere a Roma, ma nello stesso tempo sognava per me un futuro da presidente degli Usa. Per questo motivo la mia vita si è divisa tra l’Italia e l'America».

Antonio Ferrera, il «regista di Christo», al quale è affidato il compito di raccontare attraverso le immagini il progetto The Floating Piers, rivendica con emozione e orgoglio le sue origini italiane. «Mio padre era emigrato per andare a lavorare alla General Electric come ingegnere, amava Jfk e gli ideali di libertà. Aveva perso la prima moglie e cercava un’altra donna per la sua vita. Un parente gli aveva suggerito che in provincia di Frosinone ce n’era una “disponibile“. Lui ci andò, ma finì per innamorarsi della sorella, e la sposò. Quando nacqui io, non a Roma ma a Sora, il paese di Vittorio De Sica, mio padre si precipitò al Consolato per richiedere il certificato di nascita americano. Beh, se dovevo diventare presidente degli Stati Uniti, non poteva fare diversamente...».

ANTONIO FERRERA è appena tornato da Roma, dove ha messo a punto alcuni test per il suo nuovo film. Una valigia in mano e una «pizza» sotto braccio, «di quelle che non si usano più: ormai - dice - è tutto passato al mondo digitale, è difficile trovare dei laboratori dove si lavora ancora su pellicola».

Parlare del docu-film che sta girando sul Sebino è solo un’occasione per ricordare il suo primo incontro con Christo e Jeanne-Claude, che risale al 2003. «A quel tempo stavano progettando The Gate a Central Park, un sogno rimasto nel cassetto per 26 anni, che vide la luce solo nel 2005. Avevano bisogno di un regista, così feci un provino. Jeanne-Claude - ricorda Ferrera - era un vortice di gioia e di vitalità, era intelligente nella testa e nel cuore. Era lei l’anima dei progetti e il nucleo attorno al quale ruotava tutto. Christo parla ancora oggi al plurale quando deve spiegare i suoi lavori, ma tutti noi in realtà lo facciamo, e ci chiediamo ogni giorno cosa avrebbe pensato lei di quello che sta accadendo ora sul lago d’Iseo».

Cosa significa lavorare con Christo? «É un piacere, uno stimolo. Mi rispetta come artista e io rispetto lui. L’unica difficoltà che incontro è legata al... jet lag: noi giriamo il mondo come nomadi. Lui è sempre molto attivo: si alza presto, fa colazione con yogurt e uno spicchio d’aglio crudo. Tutte le mattine, da una vita. Poi lavora tutto il giorno, salta il pranzo, alle 19 una cena frugale, e poi di nuovo al lavoro. Il suo segreto? Avere sempre un sogno da realizzare».

COME È STATO il suo «approdo» sul lago d’Iseo?

«Passare il mio tempo tra la gente di Montisola e di Sulzano è stato come tornare bambino, quando ero a Sora. Mi sembra di avere ancora 12 anni, quando ero tornato in Italia da zia Fernanda. Per me Montisola è l’isola di Adamo ed Eva: grande, ma intima. Qui la gente ha anima e cuore, mi hanno accolto e aperto le braccia come una famiglia. A Senzano ho partecipato alla festa delle castagne: ho passato la serata a sbucciarle, cuocerle e chiacchierare, proprio come facevo un tempo. Un’atmosfera fantastica. Questa unione tra l’opera di Christo e il territorio è come la celebrazione di un matrimonio».

Il lago di Iseo ha accolto subito la proposta di Christo di realizzare la passerella, contrariamente ad altre città. Pensa che gli italiani abbiano un senso più spiccato per l’arte e la creatività, oppure siano solo più incoscienti e si buttino a capofitto in una «mission impossible»?

«In effetti in Italia non abbiamo avuto i problemi che ci sono stati altrove. “Over the River“, il progetto in Colorado iniziato nel 1992, finirà probabilmente davanti alla Corte suprema, per quello di Mastaba, ad Abu Dhabi, sono già passati quasi 40 anni. Invece il sindaco di Sulzano, Paola Pezzotti, quando le è stata sottoposta la proposta ha chiesto a Christo: “Perchè ci hai messo tanto tempo?“. Gli italiani hanno un modo di pensare diverso, vedono il mondo da un altro punto di vista. Per questo mio padre è tornato in Italia, per farmi nascere qui. E io ho detto a Christo: facciamo altri dieci progetti in Italia, andiamo dove ci amano».

Il «miracolo» di camminare sull’acqua è molto suggestivo. E poi lui si chiama Christo... «Christo che cammina sull’acqua è una metafora. Il Maestro ha insegnato ai suoi discepoli il significato di camminare sulle acque delle proprie emozioni: il miracolo è questo. E ciò che avverrà qui, dal 18 giugno al 3 luglio, sarà un prodigio che potremo vivere collettivamente».

COME SARÀ il film su The Floating Piers?

«Sarà emozionante riprendere il soffio del vento, i cambi di colore, la luce del lago.. Sarà un’unione tra la terra, l’acqua e la gente. Il prodigio di un arcobaleno che si fa vedere solo per 16 giorni e poi scompare».

Nella rassegna di film dedicati a Christo e Jeanne-Claude in programma al Nuovo Eden ci sono anche due lavori di Ferrera: «The Gates» (mercoledì 20 luglio), ma soprattutto «Nomad of Art», il 7 settembre, la vita dei due artisti raccontata attraverso scene mai viste e realizzato in occasione del Jeanne-Claude’s memorial al Metropolitan Museum of Art di New York nel 2010.

«Tutta la loro vita è stata un sogno, che si è via via realizzato - spiega il regista -. Quando Jeanne-Claude ha incontrato Christo aveva 23 anni, ed era promessa sposa di un altro. Lui era un artista squattrinato, ma lei si innamorò e non lo lasciò più. Diceva: “sono diventata un’artista perchè lui è un artista. Se avesse fatto il dentista, lo sarei diventata anch’io“. Il film è un modo per parlare del vuoto che ha lasciato».

Il ponte sarà allestito anche con materiale plastico e ancoraggi di cemento... eppure non ci sono state le proteste degli ecologisti. «Gli ambientalisti sono persone intelligenti. In due settimane non si possono creare danni, anche perchè poi tutto verrà rimosso e riciclato. La passerella è una grande opportunità per tutta la gente del lago e per chi ci lavora. Quando Christo e Jeanne-Claude stavano realizzando il progetto The Gates a Central Park, un newyorkese disse che si trattava di un’opera gigantesca e costosissima, 20 milioni di dollari per una cosa che non serviva a nulla, ma era importante per la nostra anima. Anche se nessuno comprerà una bottiglia d’acqua, la gente su Floating Piers avrà modo di vivere un’esperienza speciale: guardare la bellezza e l’arte attraverso un’opera che se ne andrà velocemente, lasciando solo il ricordo».

Ferrera riprende gli arnesi del mestiere, pronto a tornare sul lago. «Domani si ricomincia a lavorare - dice -. E fra un paio di mesi sarà tutto finito. Ma mi piacerebbe tornare a Brescia, amo questa città. Magari potrei anche girarci un film».

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