In cenere un ettaro
di canneto,
incubo piromani

di Giuseppe Zani
I Vigili del fuoco martedì sera in azione fra i canneti della Riserva
I Vigili del fuoco martedì sera in azione fra i canneti della Riserva
Incendio alle Torbiere (Fotolive)

È andato in fumo un ettaro e mezzo di canneto. L’esito, molto probabilmente, di un gesto doloso. È bruciato infatti un isolotto palustre che è delimitato da tre canali e che, lontano dalla riva, si trova sul fronte a lago delle «lamette sebine», tra Iseo e Clusane. Là davanti, insomma, ci si arriva solo in barca. E non basta un mozzicone di sigaretta per innescare un incendio.

QUALCUNO RICORDA, anzi, che nei giorni scorsi erano stati dati alle fiamme, facendo alzare una colonna di fumo che è stata vista in tutto il Basso Sebino, i rovi e le sterpaglie cresciuti vicino all’ex Lady Lake, sul fronte a riva delle «lamette». Un rogo che non si era propagato. Neanche stavolta, per fortuna, i danni sono gravi. Nessuna pianta carbonizzata. Niente nidi inceneriti. Il gelo che sino a domenica aveva ghiacciato le vasche delle lamette e delle torbiere sebine aveva fatto diminuire sensibilmente il numero degli animali presenti. Non appena le fiamme hanno preso vigore, intorno alle 18,30 dell’altro ieri, i pochi uccelli acquattati tra le canne palustri - qualche garzetta, uno stormo di germani, una piccola popolazione di folaghe e di anatre germanate- si sono subito fuggiti in volo. Via anche le nutrie, che sono di casa nella porzione a lago delle torbiere. «In queste ore è in programma un sopralluogo del Comitato scientifico che ci fa da consulente- racconta Emma Soncini, la presidente dell’ente gestore della Riserva-. Tuttavia, il nostro biologo ci ha già anticipato che, secondo quanto emerso sinora, non ci dovrebbero essere contraccolpi negativi per l’ambiente».

QUALCUNO SOSTIENE, anzi, che il canneto ricrescerà più vigoroso di prima. Dar fuoco alle canne palustri era una pratica abituale, in passato. Anche dopo l’istituzione della Riserva naturale delle torbiere sebine, nel 1983, non poche volte è successo che roghi improvvisi lasciassero ampi squarci e scheletri di alberi anneriti nella vegetazione della riserva naturale. L’altra sera, per fortuna, non c’era vento. Sennò l’incendio avrebbe potuto divorare tutta la foppa di Clusane, compresi i mucchi di plastica- secchi, boe e bottiglie varie- che, nonostante la pulizia effettuata di recente, continuano ad accumularsi sospinti dalle onde tra le canne. A dare l’allarme, l’altra sera, tramite smartphone, il passeggero di un battello che fa la spola tra Sulzano e Peschiera Maraglio. Le fiamme, minacciose, complice pure il basso livello del lago, erano visibili anche da Montisola. In via Colombera, che domina dall’alto le lamette a lago, insieme ai mezzi dei carabinieri, dei forestali e della Protezione civile si è formata una lunga colonna di auto venute a curiosare. Vi è arrivata anche un’ambulanza, perché si era sparsa la voce, infondata, su un pescatore ferito. Un’imbarcazione dei vigili del fuoco di Sale Marasino, dotata di una motopompa che aspira acqua dal lago, ha iniziato a indirizzare il suo potente getto tra le fiamme. Sulla riva, ai piedi del Beloard, i volontari della Protezione civile di Iseo, Sulzano e Provaglio, sotto la guida di Stefano Picchi, direttore delle operazioni di spegnimento in forza alla Comunità montana, hanno spruzzato acqua su una larga fascia di canneto a protezione di una villa e un caseggiato, se pur non troppo vicini. Alle fine, intorno alle 23, l’incendio è stato spento e l’area interessata bonificata.

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