L’Abbazia Olivetana ritorna allo splendore

di Luciano Costa
Il chiostro grande, un luogo di indescrivibile e spirituale  bellezzaUna delle facciate del complesso, sottoposto al paziente restauroLa splendida navata affrescata
Il chiostro grande, un luogo di indescrivibile e spirituale bellezzaUna delle facciate del complesso, sottoposto al paziente restauroLa splendida navata affrescata
Il chiostro grande, un luogo di indescrivibile e spirituale  bellezzaUna delle facciate del complesso, sottoposto al paziente restauroLa splendida navata affrescata
Il chiostro grande, un luogo di indescrivibile e spirituale bellezzaUna delle facciate del complesso, sottoposto al paziente restauroLa splendida navata affrescata

Vista dall’alto l’Abbazia Olivetana di Rodengo Saiano sembra la raffigurazione di un podere in cui solerti monaci benedettini Cluniacensi, a partire dal 1090, hanno ricamato chiesa e chiostri intrisi di arte, utili per pregare, mettendovi poi al fianco una grande casa, il loro convento, da abitare. VISTA DA VICINO l’Abbazia impressiona per i suoi religiosi silenzi, per le distese di colonnati mai sciupati dal tempo, per i luoghi di devozione disseminati a ogni angolo e intreccio di cortili e camminamenti, per i grandi saloni adibiti a contenere le adunanze capitolari, ospitare il refettorio dei frati e degli ospiti, fare da sacrestia alla monumentale, bella, preziosa chiesa. Tanta bellezza raccolta in così superbo scrigno è alle porte di Rodengo Saiano, paese franciacortino, che da una parte s’affaccia alle colline e dall’altra alla grande pianura. Custodi di tutto questo sono i monaci Olivetani. Uno di loro, padre Benedetto Toglia, oltre che priore del Convento, per il fatto che la chiesa è parrocchia per una fetta consistente di residenti, è anche parroco. Quando prese possesso dell’Abbazia, alcuni anni fa, padre Benedetto guardò subito alla bella chiesa logorata dagli anni e alle crepe che ornavano soffitto e colonne. Allora disse ai suoi parrocchiani: «Insieme è possibile pensare a un doveroso restauro di ciò che i padri ci hanno lasciato in eredità». L’anno scorso, il progetto di restauro venne definito ottenendo subito il sostegno convinto della gente. A settembre, chiusa la chiesa e allestita nell’Aula Capitolare del convento una dignitosa succursale, incominciarono i lavori di restauro. DOMANI la chiesa restaurata ritornerà a essere la casa di tutti i residenti, ma anche quel luogo da visitare e da amare che gli anni hanno definito «autentico scrigno d’arte e di storia». Otto mesi di lavoro hanno permesso di rifare il tetto, che ormai era tutto un’infiltrazione; di ridare agli affreschi della volta l’antico splendore recuperando colori e forme originali e riscoprendo tutto l'oro di ornamento ormai scurito dal tempo e dall'incuria; di salvare il cornicione centrale crepato in due punti ed a alto rischio crollo; di ripulire la controfacciata, al centro della quale fa bella mostra di se un affresco raffigurante San Carlo Borromeo; di restituire ai capitelli marmorei delle colonne il loro originale e splendente colore naturale. Per salutare la felice conclusione dei restauri, ricordare il 50esimo anno del ritorno dei monaci all’Abbazia e rendere omaggio a Papa Paolo VI, nuovo santo bresciano, la Comunità monastica ha posto a lato del presbiterio una nuova sede lignea. •

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