Campolaro, una ferita aperta
L’erba verde copre lo scempio

di Claudia Venturelli
Una immagine eloquente del post incendio a Campolaro
Una immagine eloquente del post incendio a Campolaro
Una immagine eloquente del post incendio a Campolaro
Una immagine eloquente del post incendio a Campolaro

Proprio in queste ore il passo Crocedomini è stato riaperto al transito motorizzato, e qualche escursionista, passando lungo la provinciale, proverà ad addentrarsi sui sentieri per osservare la ferita lasciata dal violento incendio appiccato in gennaio nella zona di Campolaro. Dal basso il panorama è tutto verde, e la primavera sembra essere scoppiata anche qui. Ma non bisogna farsi ingannare dai colori visibili da lontano.

Serve avvicinarsi, entrare nel bosco per vedere cosa ha lasciato l’inverno più difficile della storia di queste montagne. Basta un po’ di fiato per inoltrarsi oltre la malga di Campo o un buon zoom per capirlo. Certo il prato è verde, ma è rado e su un terreno in gran parte ancora nero. Come sono neri i tronchi di gran parte del bosco divorato dall’incendio doloso: «Soprattutto l’erba, come previsto, sta ricrescendo, un bel verde smeraldo - commenta Giambattista Sangalli, direttore del settore Foreste e Bonifica montana della Comunità montana -. La mineralizzazione della lettiera comporta questa conseguenza. Ma purtroppo, se ci si addentra nel bosco, lungo i sentieri di questi versanti si può vedere che i danni alla vegetazione arbustiva ma anche arborea, soprattutto larici e abeti oltre che latifoglie, sono ingenti. A occhio e croce circa il 50% degli alberi è già secco, ma è facile prevedere un aggravamento perché in primavera la ripresa vegetativa parte, però in estate, anche per le condizioni di stress idrico, probabilmente molte altre piante moriranno».

RASO AL SUOLO il bosco e seccate tutte le piante messe a dimora dopo l’incendio del 2002. Dovevano servire a prevenire le valanghe, molto frequenti su questo versante ripido a ridosso della provinciale per il Crocedomini. Invece non ci sono più: disastro ambientale e spreco di risorse.

«Molte persone pensano che così si è data una pulita in modo che poi l’erba torni più bella e più verde. In realtà la distruzione della lettiera, di tutta la sostanza organica e delle migliaia di microrganismi che lavorano per arricchire il sottosuolo, è un danno molto molto grave, che non si vede e causa effetti sul medio e lungo periodo. Soprattutto l’indebolimento della cotica erbosa - continua Sangalli - comporta maggiori rischi a livello idrogeologico per il ruscellamento delle acque superficiali, mentre sulla vegetazione secca scorrono le valanghe. Per rivedere tutto come prima serviranno decenni; sperando che non si verifichino ulteriori episodi di delinquenza come quelli che abbiamo vissuto recentemente».

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