La strage
dei cervi non
finisce più

di Lino Febbrari
Le carcasse degli ultimi cervi trovati morti: da tempo non si assisteva ad una moria così sostenutaI cervi quest’anno hanno sofferto anche per la scarsità di cibo
Le carcasse degli ultimi cervi trovati morti: da tempo non si assisteva ad una moria così sostenutaI cervi quest’anno hanno sofferto anche per la scarsità di cibo
Le carcasse degli ultimi cervi trovati morti: da tempo non si assisteva ad una moria così sostenutaI cervi quest’anno hanno sofferto anche per la scarsità di cibo
Le carcasse degli ultimi cervi trovati morti: da tempo non si assisteva ad una moria così sostenutaI cervi quest’anno hanno sofferto anche per la scarsità di cibo

Assume sempre più le proporzioni di un’ecatombe la continua moria per fame di decine e decine di cervi e altri animali che popolano i boschi dell’alta valle. E secondo gli addetti ai lavori il peggio non lo abbiamo ancora visto perché col trascorrere delle settimane, e dopo lo scioglimento della neve, numerosi altri ungulati morti verranno ritrovati nei luoghi dove la concentrazione è maggiore, in particolare sui versanti in ombra a Precasaglio, Valle delle Messi e Valle di Viso, dove la coltre nevosa ha ricoperto abbondantemente praterie e sottobosco, non permettendo ai selvatici di alimentarsi almeno con sporadici ciuffi di erba secca. Dai primi giorni dell’anno sono più di settante le carcasse recuperate tra Vezza d’Oglio e il Tonale, trasportate prima vicino al depuratore consortile di Davena e poi a Bergamo per essere incenerite. «Decine di altre sono state rinvenute ormai troppo decomposte, perciò non recuperabili - spiega Giacomo Giorgi, comandante della Polizia locale dell’Unione dell’alta Vallecamonica -. Tuttavia finora abbiamo largamente superato i cento capi e la conta non ancora è finita». Una strage probabilmente più grave di quella avvenuta una decina di anni fa. Allora gli organi interni di diversi animali furono inviati allo Zooprofilattico di Brescia per dei controlli approfonditi.

«I RICERCATORI appurarono che i soggetti erano morti, perché non trovando nulla sul terreno, avevano mangiato pezzi di corteccia, rami, aghi di abete, eccetera – ricorda Giorgi -. Tutto questo cibo mischiato al sale chimico utilizzato per sciogliere il ghiaccio sulle strade, alimento del quale i cervidi sono ghiotti, gli aveva bloccato il rumine provocando la morte. La stessa cosa è accaduta quest’inverno». In alta valle e nella vicina Valtellia è molto animato il dibattito tra quanti vorrebbero sfamare con del foraggio gli animali e i biologi del parco dell’Adamello e dello Stelvio che sostengono invece di lasciar fare alla natura. «Non intendo schierarmi per una parte piuttosto che per l’altra - afferma il comandante -. Ho avuto modo di constatare in più occasioni che il blocco del rumine non è dovuto alla mancanza di cibo, quanto agli alimenti non adatti al loro stomaco». L’ultima questione che sta facendo molto discutere: in passato il compito di recuperare le carcasse toccava alla Polizia provinciale (ora gli agenti intervengono solo quando gli ungulati sono in difficoltà). Da quando le competenze in materia di caccia sono passate alla Regione, l’incombenza spetta ai Comuni, i quali oltre ai costi del personale e dei mezzi di trasporto, debbono anche sobbarcarsi l’onere dello smaltimento (dai 70 ai 100 euro per ogni soggetto). «Solo stamattina da Ponte ne abbiamo portati sei; ieri due, uno da Incudine, l’altro da Vezza. Se questa moria prosegue - conclude Giorgi - l’esborso per i Comuni sarà davvero notevole. Gli operai, che sono già in numero risicato, invece di dedicarsi alle loro normali attività manutentive, spesso e volentieri rispondono alle segnalazioni dei cittadini e si occupano del ritiro e del conferimento delle carcasse. A questo punto penso che Regione Lombardia dovrà innanzi tutto stabilire chi fa cosa e poi provvedere a rimborsare gli enti locali». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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