Malghe affittate a peso d’oro: la Procura vuol vederci chiaro

di Lino Febbrari
I carabinieri forestali hanno visitato il municipio di Cimbergo
I carabinieri forestali hanno visitato il municipio di Cimbergo
I carabinieri forestali hanno visitato il municipio di Cimbergo
I carabinieri forestali hanno visitato il municipio di Cimbergo

L’ipotesi accusatoria riguarderebbe non solo l’aumento smodato degli affitti per gli alpeggi, ma anche e soprattutto i contributi erogati da Regione e Unione europea (pare senza alcun controllo) agli allevatori della pianura per portare d’estate gli animali a pascolare sulle terre alte. Per questo, qualche settimana fa, su mandato della procura della Repubblica di Brescia, i carabinieri forestali hanno acquisito documenti negli uffici comunali di Cimbergo e Paspardo: serviranno per poter far luce sui bandi di gestione delle malghe finite in mano a imprenditori agricoli bergamaschi e cremonesi, i quali pur di riuscire a vincere gli appalti hanno offerto cifre impossibili, non certo alla portata degli allevatori della zona. Il caso forse più eclatante si riferisce a malga Frisozzo al lago d’Arno, un’area in cui anche la fauna selvatica spesso fatica ad alimentarsi e quasi inaccessibile (se non da Isola in Valsaviore, o da Cimbergo camminando per più di quattro ore), il cui canone annuo è passato (grazie alle offerte in salita degli aspiranti gestori) da 300 a 8.600 euro. Lo stesso si è verificato per la Zumella di Paspardo: qui la locazione è schizzata da ottomila a ventunmila euro. QUALCUNO ha pensato che qualcosa non andasse e ha presentato un esposto. «Abbiamo fornito la massima collaborazione agli inquirenti - dice confermando la notizia Gianbettino Polonioli primo cittadino di Cimbergo - e faremo di tutto per chiarire la vicenda, perché non abbiamo nulla da nascondere. Mi rendo conto che gli allevatori della Valcamonica possano eccepire: se si consolida questo sistema i loro colleghi della Bassa, con grandi aziende alle spalle, dotati di risorse importanti e quindi in grado di ottenere a piene mani i contributi previsti, rischiano la condanna a morte». «Siamo amareggiati per quanto è accaduto - afferma Valentino Bonomi, uno dei primi laureati dell’Università della Montagna di Edolo, titolare di un’azienda a Ceto in cui alleva bovine e capre, rappresentante zonale della Coldiretti -. Le malghe sono una ricchezza del nostro territorio e naturalmente a noi tutti piacerebbe poterle utilizzare per portare avanti le nostre attività». Polonioli ammette che nei bandi indetti dai Comuni andrebbero introdotti correttivi per dare la priorità ai residenti...«altrimenti si rischia davvero che quanti lavorano tutto l’anno sul territorio si trovino svantaggiati al momento di salire agli alpeggi», e tornando all’inchiesta della Procura, sarebbe incentrata anche sui contributi regionali e comunitari che le aziende nel mirino, per la maggior parte appartenenti a un unico ceppo familiare, percepiscono sulla scorta dei capi portati all’alpeggio e sulla durata della monticazione. «Su questo tema sorge spontanea una domanda - osserva il sindaco -: è il Comune che deve fare il controllo della quantità del bestiame e del periodo di monticazione, o sono gli organi previsti dalla Regione?». Sarebbe in effetti accaduto (a sostenerlo sono alcuni addetti ai lavori) che da quando i pascoli sono affittati a peso d’oro i gestori avrebbero fatto figurare più capi di quelli presenti in quota, senza rispettare neppure il periodo minimo di residenza. I contributi incassati, però, non avrebbero subito diminuzioni. Intanto però, anche quest’anno bovini, ovini e caprini della zona dovranno trascorrere l’estate in stalla. . •

Suggerimenti