L'INAUGURAZIONE

Nell'ex polveriera di Sonico nasce la casa della memoria

di Lino Febbrari
L'orgoglio del sindaco Pasquini «Il sito non parla solo del passato: sarà un monito contro la guerra per le future generazioni»
Dopo il convegno, la messa concelebrata da monsignor Clementi
Dopo il convegno, la messa concelebrata da monsignor Clementi
Dopo il convegno, la messa concelebrata da monsignor Clementi
Dopo il convegno, la messa concelebrata da monsignor Clementi

Una casa della memoria. Un «luogo del ricordo» per onorare chi è caduto in una tragedia della Seconda guerra mondiale. L'omaggio e il monumento che Sonico erge, aprendo una struttura riqualificata a beneficio di chiunque sia interessato a visitarla e a rileggere, o scoprire, una pagina di storia.
Per impedire ai tedeschi in ritirata verso il Tonale di rifornirsi di armi e munizioni, il 29 marzo del 1945 otto aerei alleati bombardarono e distrussero la polveriera costruita prima delle grande guerra lungo la strada che da Sonico porta alla frazione di Rino. Le bombe anglo-americane rasero al suolo le casematte disseminate nei prati e, per fortuna, l'onda d'urto si propagò sull'altro versante della valle risparmiando l'abitato. L'attacco, che fu preannunciato ai sonicesi dal loro compaesano partigiano Nando Sala, sceso appositamente dal Mortirolo, uccise quattro persone che in quel momento lavoravano nei campi e altre tre nei giorni successivi, quando si trattava di recuperare gli ordigni dispersi sul terreno. Di tutte le strutture presenti all'epoca in quella vasta area adibita a deposito di materiali bellici rimasero in piedi solo i ruderi del corpo di guardia.
A settant'anni di distanza, grazie alle Fiamme Verdi e all'Amministrazione comunale, quelle rovine sono state trasformate in un piccolo sacrario della memoria: il «luogo del ricordo» la cui inaugurazione si è tenuta, ieri mattina, in occasione della festa della Repubblica.
«CREDO che sia stato l'evento più distruttivo della Seconda guerra mondiale in Vallecamonica – spiega il sindaco Gian Battista Pasquini – e oggi grazie alla sinergia d'intenti fra noi e gli eredi dei “ribelli per amore” siamo riusciti a restaurare questo luogo, facendolo diventare un momento di ricordo di quanti persero la vita per donarci la libertà. Un monito per le future generazioni».
Carlo Gronchi, classe 1929, ha ancora ben scolpito nella memoria quanto avvenne quel tragico giorno di settant'anni fa. «Gli apparecchi sono arrivati dalla parte di Edolo e dopo aver compiuto un largo giro sopra Rino sono tornati a Sonico e vicino al cimitero si sono abbassati di quota sganciando gli ordigni. Le esplosioni e le fiamme – ricorda l'anziano – hanno creato un'enorme nuvola nera che per diverse ore ha oscurato il sole».
Dei civili morti Gronchi rammenta soprattutto la terribile fine di un ragazzino figlio di un mugnaio, che con un carretto trainato da un asino si stava recando nella località Greano per consegnare la farina appena macinata dal padre e che per trovare un riparo si era nascosto dietro un muretto a meno di un centinaio di metri dai bersagli presi di mira dagli aviatori. «Al contrario degli altri morti, era orribilmente sfigurato e l'abbiamo riconosciuto solo per i pantaloni infarinati».
La mattinata si è snodata prima con un convegno che è servito per ricostruire le fasi dell'intervento di riqualificazione della struttura, poi con la messa concelebrata da monsignor Tino Clementi, cappellano delle Fiamme Verdi, e dal parroco don Bruno Colosio, infine con l'inaugurazione e la benedizione della «casa della memoria e del monumento realizzato dagli artisti Edoardo Nonelli e Fabio Peloso.

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