C’è chi va in farmacia e chi per conservare la salute recupera consuetudini millenarie della gente della montagna. Per esempio andando a caccia di un liquido naturale ricco di vitamina C e sali minerali (calcio, magnesio, manganese, rame, fosforo, potassio e zinco) che depura l’organismo, aiuta l’eliminazione delle tossine e contribuisce a liberare arterie, vene e fegato dal colesterolo cattivo. È un toccasana che nelle aree montane si utilizzava da tempo immemorabile: la linfa di betulla, tra le prime piante a vegetare dopo la pausa invernale, dal cui tronco, appunto, si ricava il fluido depurativo. Come ogni anno alla fine dell’inverno, nel periodo in cui la Luna è in fase crescente, Italo Bigioli, responsabile degli Amici della Natura di Saviore (un gruppo ambientalista forte di oltre 300 soci; la cui casa rifugio di via Guani in circa trent’anni ha ospitato più di 5.500 persone), ha raggiunto il bosco poco sotto il paese e armato di una succhieruola e di un bottiglione ha fatto scorta. «È un’operazione che va fatta al tempo della prima montata della linfa, perché lo scopo è quello di raccogliere il tessuto embrionale della pianta - spiega -, che dal punto di vista terapeutico è il più attivo. Sul nostro corpo la betulla agisce come sul suolo: asciuga, quindi elimina l’eccesso di acqua dal nostro organismo, È ideale contro la ritenzione idrica». Come si ottiene la linfa e come si prepara la bevanda? «Alla base del tronco si pratica un foro di pochi centimetri - risponde Bigioli - e nel giro di 24 ore la pianta dà circa un litro di linfa: per evitare la sua ossidazione deve essere immediatamente stabilizzata con un 25% di alcool. Dopo 40 giorni si filtra con una garza ed è pronta per l’uso. La quantità volumetrica dell’alcool non deve essere superiore al 5% - aggiunge - e quindi bisogna aggiungere acqua per abbassare il tasso fino alla percentuale: all’incirca 50 gocce vanno in un litro e mezzo di acqua». QUESTA medicina naturale è nota a tutti i popoli che convivono con le betulle; nel grande Nord soprattutto. Contrariamente a quanto si può pensare all’albero non si procurano troppi guai. «È necessario però che sia una pianta di buone dimensioni e meglio se di età avanzata - conclude Bigioli -. Il foro che si pratica non deve essere profondo più di tre o quattro centimetri ed è importante che venga tappato con foglie o altri elementi vegetali». •