Una medaglia che fa memoria
dei «dimenticati» dei lager

di Luciano Ranzanici
Capodiponte: la consegna delle medaglie d’onore
Capodiponte: la consegna delle medaglie d’onore
Capodiponte: la consegna delle medaglie d’onore
Capodiponte: la consegna delle medaglie d’onore

Con il sindaco Francesco Manella nel ruolo di regista della cerimonia (è il pronipote di Eugenio Roberto Manella, uno degli internati ai quali è stato assegnato il riconoscimento alla memoria) ieri nella «Cittàdella Cultura» di Capodiponte si sono raccolti i parenti di 22 militari e civili camuni deportati e internati nei lager tedeschi: erano lì per ricevere dalle mani del prefetto le medaglie d’onore dedicate dallo Stato ai loro congiunti scomparsi.

L’evento, affollato, si è svolto per la seconda volta in Valcamonica, e per questa occasione l’organizzazione è stata curata oltre che dall’Anpi, col giovane coordinatore Luca Santi, dal Comune e dalla biblioteca comunale. Valerio Valenti, affiancato di volta in volta dai nove sindaci dei paesi di nascita e di residenza dei decorati, ha consegnato il riconoscimento ai congiunti di 11 internati di Capodiponte, Cemmo e Pescarzo (Giuseppe Blanchetti, Francesco Ceresetti, Giacomo Donina, Francesco Ferrati, Francesco Lascioli, Eugenio Roberto Manella, Bortolo e Paolo Marconi, Vito Murachelli, Bortolo Rizzi e Fausto Sgabussi), mentre le altre 11 medaglie d’onore sono andate ad Agostino Domenico Facchini e Giacomo Gelmini di Braone, Paolo Donina di Ceto (residente a Breno), Battista Pelamatti di Malegno (pure residente a Breno), Giuseppe Franzini e Alberto Martinazzoli di Darfo, Giuseppe Martinazzi di Malegno, Giacomo Pennacchio di Lozio, Andrea Dassa e Giovan Battista Salari di Paspardo e Domenico Branchi di Sonico.

Aveva già in sé gli elementi per essere emozionante, ma la cerimonia è stata resa ancora più suggestiva dalle letture delle toccanti testimonianze di uomini e donne dei lager affidate agli studenti del Liceo «Santa Dorotea» e dall’intervento di Rolando Anni, storico della Resistenza bresciana, dedicato al racconto della condizioni degli ex internati, dalla partenza alla tristissima permanenza nei lager, fino a un difficile ritorno: «Morirono nei campi di concentramento o riuscirono a tornare alla normalità e comunque non furono mai considerati prigionieri di guerra. Non ne conosciamo il numero esatto, ma presumibilmente furono fra i 650 e i 700 mila e quando poterono raggiungere la Patria il mondo era cambiato».

Al prefetto è stato riservato l’intervento conclusivo, e Valenti, dopo aver promesso che «il prossimo anno saremo ancora in valle per un’altra cerimonia», ha aggiunto che «il Giorno della memoria ci deve sempre coinvolgere, ci deve far pensare al passato e guardare al futuro, per eliminare ogni forma di violenza».

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