Vini camuni a caccia
di vetrine ma tra i
produttori non c’è unità

di Luciano Ranzanici
Lo scorcio di un vigneto della ValcamonicaLa viticoltura camuna viaggia su due binari diversi
Lo scorcio di un vigneto della ValcamonicaLa viticoltura camuna viaggia su due binari diversi
Lo scorcio di un vigneto della ValcamonicaLa viticoltura camuna viaggia su due binari diversi
Lo scorcio di un vigneto della ValcamonicaLa viticoltura camuna viaggia su due binari diversi

A ormai 15 anni dall’inizio del rilancio i risultati ci sono stati, ma il vero assestamento non c’è ancora, e soprattutto, qualche addetto ai lavori ha preferito l’avventura in solitaria al lavoro di squadra. Ecco perché il Consorzio Valle Camonica Igt si muove molto per promuovere i propri prodotti vinicoli. Era per esempio all’open day dell’Ais (l’Associazione italiana sommelier) di Brescia, tenutosi domenica scorsa nella sede della stessa associazione, riservato ad associati e stampa specializzata. Oltre ai chiaretti gardesani e ad alcuni tipici della Sicilia c’erano i rossi, i bianchi, i brut e i passiti della valle. Gigi Bontempi, che come consigliere del consorzio valligiano rappresentava il presidente Silvia Toretti, ne parla come di «una passerella di lusso che ci ha consentito di far assaggiare una quindicina delle nostre produzioni ad accreditati addetti ai lavori che ci hanno gratificato coi loro giudizi». Il Consorzio, costituito nel 2004, conta 9 cantine (Rocche dei Vignali e Monchieri di Losine, Casola e Concarena di Capo di Ponte, Carona e Le Terrazze di Cedegolo, Flonno di Ceto, Scraleca di Darfo e Zanetta di Cerveno), le stesse che hanno presentato le rispettive produzioni all’open day Ais. «Sabato prossimo saremo ospiti del banco di degustazione BoBiRo della delegazione della Provincia di Lecco dell’Ais - dice ancora Bontempi - e per noi questa nuova trasferta rappresenterà un’altra occasione per far conoscere la qualità dei nostri vini». LA PRODUZIONE valligiana cerca nuovi sbocchi dopo aver sperimentato che l’apprezzamento casalingo, anche a distanza di quasi 15 anni, è ancora «tiepido»; in linea col principio secondo cui nessuno è profeta in patria. I titolari di alcuni ristoranti, per esempio, faticano a proporre al turista e non solo rossi e bianchi della Valcamonica. Da qui la decisione del consiglio del consorzio di partecipare a fiere e banchi di degustazione. Infine l’ultimo scoglio: la diserzione di una decina di altre aziende agricole che svolgono la loro attività in valle ma che hanno preferito uscire dal consorzio. «Attualmente la nostra produzione sul territorio supera il 50% di rappresentatività: stiamo cercando di recuperare alcune cantine ma vorremmo tanto che il logo Igt fosse sinonimo di unitarietà». •

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