Vione, nuova linfa alle radici
Il Museo etnografico rilancia

di Lino Febbrari
La cucina camuna di un secolo fa ricostruita nel Museo di VioneUn gruppo di donne vionesi mentre preparano i «capù»
La cucina camuna di un secolo fa ricostruita nel Museo di VioneUn gruppo di donne vionesi mentre preparano i «capù»
La cucina camuna di un secolo fa ricostruita nel Museo di VioneUn gruppo di donne vionesi mentre preparano i «capù»
La cucina camuna di un secolo fa ricostruita nel Museo di VioneUn gruppo di donne vionesi mentre preparano i «capù»

Paesaggi, graffiti rupestri e chiese romaniche a parte, la Valcamonica ha molto da offrire; anche a chi va alla ricerca delle radici delle popolazioni alpine. Un passaggio obbligato è rappresentato per esempio da un contenitore aperto al pubblico nel 1987: il Museo etnografico di Vione «’l Zuf», ovvero il giogo: lo strumento che si metteva al collo dei buoi per poter trainare l’aratro.

QUESTA raccolta ordina e mette a disposizione dei visitatori un incredibile numero di attrezzi, oggetti e documenti sul mondo contadino. Con la morte del suo fondatore, Dino Marino Tognali, avvenuta nel dicembre del 2014, la gestione della struttura è passata nelle mani del gruppo di suoi ex allievi che trent’anni fa lo aiutarono a trovare il materiale e ad allestire le prime due sale espositive.

«Sicuramente raccogliere l’eredità del nostro maestro Marino è stato un impegno molto gravoso - afferma Giancarlo Sembinelli -. Però per tutti noi è soprattutto un grande onore portare avanti la sua creatura, che ha custodito gelosamente e mandato avanti per trent’anni». Il nuovo «gruppo dirigente» ha provveduto a sistemare le dieci stanze di cui si compone la realtà museale dell’alta Valle, e ogni locale è a tema, ossia grazie ai pezzi esposti racconta minuziosamente i mestieri del passato (mugnaio, calzolaio, contadino e via lavorando) e ricostruisce gli ambienti del vecchio caseificio, della cucina rurale col forno del pane, un’aula scolastica, una piccola chiesa e persino una stanza da letto d’epoca.

«È stato un lavoro davvero impegnativo - aggiunge la segretaria Concetta Riva -, che però ci ha pienamente soddisfatti. Ci riproponiamo a breve di fare ulteriori migliorie, non ultima quella di posizionare accanto a ogni attrezzo il relativo cartello descrittivo. Naturalmente contiamo anche per il futuro sull’impegno di tutte le persone che finora ci hanno aiutato».

Dopo aver riordinato tutti i locali, i volontari sono riusciti anche a concretizzare un progetto che stava molto a cuore a Tognali: «Abbiamo ricostruito una cucina di cent’anni fa - spiega Sembinelli -. Il nostro maestro ci teneva molto e siamo certi di averlo fatto felice».

Nella serata di sabato 22 luglio, il Museo sarà una tappa obbligata della classica «Sagra dei calsù»: una passeggiata gastronomica nel centro storico del paese abbinata a una serie di spettacoli. Una decina di donne sono al lavoro da giorni per confezionare a mano, uno dopo l’altro, più di 11 mila ravioloni ripieni di un impasto segreto, che saranno consumati dai partecipanti nel piazzale antistante la struttura museale ospitata nella ex scuola elementare. Visitabile in estate tutti i giorni dalle 17 alle 19.

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