A caccia di neutrini nel «Cuore» della terra

di Massimo Pasinetti
Il laboratorio nelle profondità del Gran Sasso all’interno del quale si lavoro all’esperimento «Cuore»Oliviero Cremonesi (a sinistra) ha 59 anni ed è originario di SabbioGli scienziati al lavoro
Il laboratorio nelle profondità del Gran Sasso all’interno del quale si lavoro all’esperimento «Cuore»Oliviero Cremonesi (a sinistra) ha 59 anni ed è originario di SabbioGli scienziati al lavoro
Il laboratorio nelle profondità del Gran Sasso all’interno del quale si lavoro all’esperimento «Cuore»Oliviero Cremonesi (a sinistra) ha 59 anni ed è originario di SabbioGli scienziati al lavoro
Il laboratorio nelle profondità del Gran Sasso all’interno del quale si lavoro all’esperimento «Cuore»Oliviero Cremonesi (a sinistra) ha 59 anni ed è originario di SabbioGli scienziati al lavoro

Da Sabbio al Gran Sasso alla ricerca dello zero assoluto. Il freddo più freddo che ci sia, al centro di un esperimento ai confini della realtà che vede impegnato anche Oliviero Cremonesi, fisico valsabbino e responsabile internazionale del progetto «Cuore» (acronimo di Cryogenic Underground Observatory for Rare Events). OBIETTIVO: studiare la struttura della materia. E per farlo, a una profondità di 1.400 metri nella roccia del Gran Sasso, dove ha sede l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), è stato creato un «frigorifero» gigante che fa raggiungere a una tonnellata di ossido di tellurio una temperatura molto vicina allo zero assoluto, ovvero 10 millesimi di grado sopra i -273,15 gradi centigradi. Si tratta di un record assoluto, raggiunto utilizzando particolari accorgimenti con refrigeratori a diluizione di elio. «Cuore» è il risultato dell’impegno di più di 150 ricercatori, soprattutto italiani e americani. Ma ci sono anche francesi, cinesi e spagnoli. Responsabile scientifico dell’esperimento, come detto, Oliviero Cremonesi, 59enne di Sabbio Chiese che vive a Pavia, dove si è laureato nel 1982. «Se per vedere le stelle è curiosamente necessario scendere nelle profondità terrestri per togliere di mezzo la luce del giorno - raccontato - per studiare le particelle più piccole bisogna isolarsi il più possibile. E il modo più facile è mettersi sopra la testa la maggiore quantità possibile di massa terrestre». Ma per specifici esperimenti, neanche questo è sufficiente. Quindi, per creare il macchinario che rende possibile l’esperienza di Cuore, è stato utilizzato come isolante il piombo ricavato da 270 dei mille lingotti recuperati da una nave romana affondata al largo di Oristano duemila anni fa. Ma perché il piombo antico? «Il problema è l’isotopo 210, che è naturalmente radioattivo ed è contenuto nel piombo giovane. Ogni 22 anni dimezza la sua radioattività. E questo fa sì che quello contenuto nei lingotti della nave romana sia minimo, a fatica misurabile. L’obiettivo - conclude Cremonesi - se tutto andrà bene, è di riuscire a sapere se è vero che il neutrino è quella particella che, secondo le teorie del noto fisico siciliano Ettore Maiorana, è allo stesso tempo materia e antimateria». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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