Associazioni in trincea «La Lega vuole azzerare la tutela della fauna»

di P.BAL.
Un fringuello abbattuto
Un fringuello abbattuto
Un fringuello abbattuto
Un fringuello abbattuto

Il futuro della legge nazionale sulla caccia, e ovviamente quello di una fauna selvatica sempre più minacciata, dipende dagli effetti di una «bomba» normativa. Per iniziativa di un gruppo di parlamentari della Lega nord, le commissioni riunite Affari costituzionali e Lavori pubblici del Senato si occuperanno nei prossimi giorni della conversione in legge del decreto intitolato «Semplificazioni per le imprese». COSA c’entrano le imprese con l’attività venatoria? La Lega per l’abolizione della caccia, il Wwf, la Lipu, la Lav e l’Enpa spiegano che appunto i senatori leghisti hanno presentato cinque emendamenti a un decreto che si occupa di tutt’altro: proposte che ripropongono in parte «la gravissima deregulation introdotta recentemente dalla Regione Lombardia con le modifiche alla propria legge sulla caccia». Gli «emendamenti spara tutto», come vengono definiti, che le associazioni chiedono di bocciare prevedono innanzitutto la trasformazione delle aziende faunistico venatorie «in riserve di caccia a scopo di lucro (oggi il guadagno non è previsto), ovvero la possibilità per i privati di incassare denaro consentendo anche l’abbattimento degli uccelli migratori che appartengono all’intero continente». Poi, esattamente come deciso in Lombardia, viene cancellato l’obbligo di annotare immediatamente sul tesserino venatorio i capi abbattuti durante la caccia: «Era stato introdotto dalla legge comunitaria, e così si azzera la validità delle statistiche necessarie per il rispetto dei limiti imposti per i carnieri». Si prosegue con un emendamento che consente ai privati, ovvero ai cacciatori, di soppiantare nel controllo numerico delle specie problematiche per l’agricoltura (è il caso del cinghiale) gli agenti venatori delle Province. Una possibilità che viene stigmatizzata anche dall’Associazione italiana agenti e ufficiali di polizia provinciale, che spiega che «privatizzare i compiti dei guardiacaccia non è la soluzione». Il livello si alza ancora con la possibilità per le Regioni di riaprire e stabilire per legge, e non più con atti amministrativi, la caccia in deroga ai piccoli uccelli «salvando così i provvedimenti dai ricorsi al Tar e dalle impugnazioni governative». Infine, l’ultima spallata è la sostituzione dei pareri faunistici (obbligatori) dell’Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale «con quelli di osservatori regionali compiacenti o collusi».

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