Autodemolitori,
si alza il velo
sugli abusivi

di Paolo Baldi
Lo scorcio di uno dei siti di autodemolizione fuorileggeRifiuti speciali e pericolosi stoccati direttamente sul terreno
Lo scorcio di uno dei siti di autodemolizione fuorileggeRifiuti speciali e pericolosi stoccati direttamente sul terreno
Lo scorcio di uno dei siti di autodemolizione fuorileggeRifiuti speciali e pericolosi stoccati direttamente sul terreno
Lo scorcio di uno dei siti di autodemolizione fuorileggeRifiuti speciali e pericolosi stoccati direttamente sul terreno

Non è necessario visitare Guiyu, la città cinese diventata la pattumiera mondiale dei computer, per trovarsi faccia a faccia con esempi di trattamento selvaggio dei rifiuti speciali e pericolosi. Se in Cina e in India rottamano senza regole e tutele ambientali l’elettronica planetaria, nel Bresciano, in Valsabbia come nella Bassa (a Vobarno e Castenedolo), c’è chi si è specializzato nello smantellamento abusivo degli autoveicoli. Ignorando non solo il capitolo delle autorizzazioni commerciali, ma anche quello delle tutele ecologiche. Il coperchio su questo mondo è stato sollevato dai carabinieri forestale della stazione di Vobarno, e nell’arco di alcune settimane, a cavallo tra il vecchio e il nuovo anno, l’attività ha portato alla denuncia di sei persone - quattro italiani e due ghanesi - al sequestro dei resti di una quindicina di autoveicoli e di metri cubi di rifiuti speciali e pericolosi, aprendo un filone di indagine che deve ancora esaurirsi con le analisi che l’Arpa dovrà effettuare sui terreni utilizzati come depositi che quasi certamente sono stati inquinati dai residui degli smantellamenti: gli olii lubrificanti e dei circuiti frenanti innanzitutto, ma non solo.

SCOPRENDO gli autodemolitori fuorilegge (tre casi in tutto), i carabinieri forestale hanno infatti trovato tra le altre cose marmitte stoccate senza protezione sul terreno, i residui di cavi elettrici «liberati» dalla plastica con l’allestimento di falò e chiazze di olio. L’accusa per le persone finite nei guai è quella di autodemolizione abusiva e smaltimento illecito di rifiuti, ma in un caso si è andati anche oltre: è quello di un ghanese sfasciacarrozze che esportava in Africa le parti recuperabili degli automezzi smontati (nella sua abitazione i militari hanno scoperto le chiavi di 45 mezzi motorizzati svaniti nel nulla) e che operava con un connazionale a Castenedolo. Come tutti gli altri soggetti coinvolti lavorava in nero e in assenza di qualsiasi autorizzazione produttiva, e in più è risultato clandestino, per cui verrà raggiunto da un provvedimento di espulsione. Passando alle verifiche valsabbine, i carabinieri forestale hanno scoperto anche una ulteriore evoluzione del lavoro sommerso: a Vobarno, sede di due delle «imprese» fuorilegge, due italiani che avevano affittato lo stabile necessario da un altro italiano residente in paese (al corrente dell’attività illecita ma non direttamente coinvolto nella stessa) si erano allargati, e oltre a demolire automobili e altro riparavano anche i mezzi circolanti. Lo facevano in una officina perfettamente attrezzata le cui dotazioni sono state naturalmente sequestrate, e hanno rimediato una sanzione amministrativa di 5.000 euro a testa anche per questa seconda professione abusiva. Inutile ricordare che qui come altrove i clienti non mancavano, evidentemente felici di risparmiare truffando il fisco e danneggiando indirettamente l’ambiente. Infine, nella loro indagine i carabinieri forestale di Vobarno hanno anche scoperto la demolizione di veicoli sottoposti a fermo amministrativo, rigorosamente vietata, e un automezzo abbandonato di cui era stati annunciati lo smantellamento e lo smarrimento delle targhe: era ancora intero e con le placche al loro posto.

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