Carnevale di Livemmo La «follia» etnografica

Il conto alla rovescia è quasi finito, perché in questo fine settimana a Livemmo di Pertica Alta tornerà in scena lo straordinario Carnevale etnografico della Valsabbia secondo solo a quello di Bagolino. Sono la «Vecia del Val» e l’«Omasì del Zerlo» le tipiche maschere della festa evocativa e insieme dissacrante di questo territorio, e come sempre i relativi «portatori» balleranno nella piazza del paese e nelle strade circostanti fino a sfinirsi. Il Gruppo folkloristico di Pertica Alta inizierà (col sostegno del Comune) la propria messa in scena alle 14.30 di domani, portando in piazza le maschere per le tradizionali «matulade»: performance danzanti e sceniche che esprimono l’antico sentimento popolare. I SIMBOLI di questa manifestazione? La Vecia del Val, una donna che trasporta il marito nel grosso cesto usato per setacciare l’orto, è il simbolo della condizione di sottomissione ed emarginazione femminile del passato. Il Carnevale era l’occasione di una solo momentanea ribellione. L’Omasì del Zerlo rappresenta invece il malgaro che trasporta il contadino in un’altra cesta, quella usata per trasportare e spargere il letame sui prati: nella scala sociale di un tempo, infatti, l’agricoltore era un gradino più in alto dell’allevatore, che aveva bisogno del suo fieno. Oltre ai personaggi principali troviamo poi il Doppio o uomo bifronte, testimone dello smarrimento dei contadini degli anni Sessanta alle prese col boom economico-industriale: ha viso e vestiti uguali davanti e dietro e indossa gli sgalber (gli zoccoli chiusi), e il travestimento non fa capire, quando cammina, se la maschera va in avanti o all’indietro. NELLA PIAZZA di Livemmo appariranno poi tra gli altri le maschere del diavolo, del parroco, di suore piuttosto irriverenti, streghe e dottori. Il tutto su uno sfondo animato da un asino vero in movimento in una piazza chiusa al traffico per l’occasione e da scialli, panciotti, camicette di pizzo, mutandoni, mantelli e foulards, col rumore degli zoccoli che battono sull’asfalto e il suono del «chigamàt» (lo zufolo di budello di maiale). • M.PAS.

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