«Gli incidenti sono il frutto d’una gestione da buttare»

Abbattimenti sotto processo
Abbattimenti sotto processo
Abbattimenti sotto processo
Abbattimenti sotto processo

Arriva anche dagli ambientalisti un commento del tragico incidente avvenuto lungo la «A1», ed è naturalmente fuori dal coro. La Lega per l’abolizione della caccia «esprime le più sentite condoglianze e la propria vicinanza ai parenti della vittima e alle persone ferite da questo drammatico incidente, e vorrebbe che l’assessore regionale lombardo all’Agricoltura Fabio Rolfi e i vertici della Coldiretti facessero altrettanto, evitando di speculare ancora una volta sul caso cinghiali». Secondo la Lac si sta infatti «dimenticando, come sempre, di citare l’origine del problema e di ammettere i clamorosi errori gestionali fatti finora. Questa tragedia è la conseguenza di una pessima gestione di questa specie, che per decenni ha previsto solo abbattimenti e nessuna prevenzione dei danni e degli incidenti stradali. Ci si dimentica poi del fatto che sono stati i cacciatori a importare dall’Est europeo e liberare esemplari di dimensioni maggiori e molto più prolifici rispetto alla varietà autoctona, mentre proprio ai cacciatori si vuole delegare una eradicazione che loro per primi non vogliono». «DA ANNI - prosegue l’associazione - la Lac ricorda che la pressione venatoria frammenta i branchi altrimenti stabili, e crea piccoli gruppi che si riproducono rapidamente occupando i territori appena “liberati“. Da anni ricorda anche la pratica dell’alimentazione artificiale, attuata perché questi ungulati continuino a rappresentare una occasione per sparare ovunque e tutto l’anno. Ogni anno l’esercito delle doppiette fa decine di vittime e centinaia di feriti: tanti chiedono altre fucilate e nessuno dice che è proprio quella caccia senza quartiere invocata e già ampiamente praticata a spingere i cinghiali (che proprio a causa degli abbattimenti paradossalmente crescono di numero) braccati da mute di cani, a rifugiarsi vicino ai centri abitati e ad avvicinarsi a infrastrutture come le strade che normalmente eviterebbero». «Per questi motivi - è la conclusione - la Coldiretti e l’assessore lombardo farebbero meglio a chiudere piuttosto gli spari e a promuovere azioni per far risarcire i danni provocati da questa specie da chi l’ha importata e liberata sul territorio».

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