In un libro il racconto della Liberazione

La serata di presentazione del libro dedicato alla Liberazione
La serata di presentazione del libro dedicato alla Liberazione
La serata di presentazione del libro dedicato alla Liberazione
La serata di presentazione del libro dedicato alla Liberazione

Alessandro Gatta Tra i protagonisti del libro non poteva mancare la signora Rita, che all’epoca aveva solo 17 anni: le sue gesta sono diventate leggendarie, fu lei la prima a sventolare «la bandiera rossa della Liberazione» il 25 aprile del 1945, sulle scale del municipio (che allora stava in piazza a Mosina). Ci sono poi Vittorio e Domenica, Rossana e Lucia, Pietro e Ines, e tanti altri ancora: tutti insieme fanno almeno una sessantina di testimonianze, uomini e donne di Prevalle nati tra il 1925 e il 1935 e che ancora ricordano quei giorni. Anzi, quel giorno: «Quel giorno, che giorno» è infatti il titolo del libro che raccoglie la memoria del 25 aprile nel ricordo dei prevallesi che nel 1945 erano bambini o adolescenti, curato dall’associazione culturale «I Giorni» e presentato al cinema teatro Paolo VI davanti a una platea di quasi 200 persone. «Non solo una ricerca storica - spiegano gli autori - e non una presentazione di documenti o la loro analisi, ma molteplici memorie che si sono riannodate in una trama fitta dalla quale emerge la vita quotidiana, che galleggia sulla storia vissuta in giorni, mesi e anni cruciali per il nostro presente». E così si legge di Vittorio, che racconta dei fascisti, «quelli veri erano arroganti e baldanzosi», o Paolo che non ha scordato quelli che «hanno cambiato velocemente camicia», e di quel fascista prevallese che aveva fatto «la spia denunciando due soldati che avevano deciso di scappare». Poi c’è Domenica, che del periodo della guerra ricorda soprattutto la fame. «ERANO MISERIE su miserie. Uno dei miei compiti, ogni mattina, era quello di andare da Franzoni a prendere il pane». Anche Lucia parla di miseria, di quando «gli americani si erano sistemati vicino al campo sportivo: mia mamma mi lavava e mi pettinava, mi dava una gavetta che poi un americano di nome Tommaso mi riempiva sempre, e io tornavo a casa felice». Quel giorno arriva per davvero: «Si scendeva in strada, si gridava, si correva – racconta Ines - Era finito l’incubo del doversi nascondere, del coprifuoco, dei saluti fintamente rispettosi alla prepotenza dei repubblichini». Uno straordinario mosaico di testimonianze. Come quella di Rita Lancellotti, la ragazza della bandiera rossa: «Sono orgogliosa di aver sventolato la bandiera del 25 aprile - dice - Era mattina, c’era tanta gente, volevamo dire a tutti che la guerra era finita. Ero l’unica ragazza. Ricordo don Ambrosini insieme a una signora che mi giudicava negativamente: qualcuno le fece notare con coraggio che era meglio che andasse a casa a lavarsi il grembiule. Tornata a casa raccontai alla mamma dove ero stata: ricevetti delle sonore sberle». Il resto è storia, che purtroppo si ripete. «Nell’impegno del ricordo – spiegano ancora gli autori del libro - si è fatta strada la riflessione sull’attualità, con le guerre che risuonano in varie parti del mondo, generando le conseguenze che conosciamo». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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