Nanotecnologie,
Brescia corre grazie
alla mamma-scienziata

di Massimo Pasinetti
La ricercatrice  Elisabetta Comini alla guida di un team internazionale La facoltà di Ingegneria dell’Università degli studi di Brescia
La ricercatrice Elisabetta Comini alla guida di un team internazionale La facoltà di Ingegneria dell’Università degli studi di Brescia
La ricercatrice  Elisabetta Comini alla guida di un team internazionale La facoltà di Ingegneria dell’Università degli studi di Brescia
La ricercatrice Elisabetta Comini alla guida di un team internazionale La facoltà di Ingegneria dell’Università degli studi di Brescia

Arriva da Villanuova una testimonianza dell’eccellenza scientifica femminile; dal lavoro di una ricercatrice che si occupa dello sviluppo di materiali e nanostrutture innovativi per creare tecnologie e piattaforme per la domotica, la biomedicina, l’ingegneria ambientale e il controllo della qualità di cibo e risorse idriche. Si chiama Elisabetta Comini, ed è responsabile del laboratorio «Sensor» del dipartimento di Ingegneria informatica dell’Università degli studi di Brescia, docente di Fisica sperimentale della materia nella stessa Università e tra i primi 10 «Top Italian scientists»; nonché protagonista del progetto di un «naso elettronico» da usare nei controlli alimentari e sull’inquinamento. La nanotecnologia conosce un interesse crescente della comunità scientifica, ma anche delle aziende e dei grandi gruppi industriali che producono elettrodomestici. A suscitare l’interesse industriale sono in particolare i nanosensori che, sviluppati proprio dall’ateneo cittadino, riconoscono i gas che fluttuano nell’aria e nell’ambiente.

A CAPO di questa attività c’è appunto Elisabetta Comini, responsabile del laboratorio in cui questa ricerca si è sviluppata. Si è laureata nel 1996 nell’Università di Pisa dopo aver scelto la seconda tra Matematica e Fisica assecondando il suo desiderio di sperimentare in un settore che, dice, offre «tante applicazioni pratiche: dal controllo del cibo all’inquinamento ambientale». Oggi guida la linea di ricerca sulle nanostrutture battezzata «Common technological platform for preparation of nanostructered and monodimensional oxides» del laboratorio Sensor. Poi, organizza simposi, e nel frattempo riesce a occuparsi anche di due bambine. Entrando nei dettagli, il naso elettronico creato dal team internazionale guidato da Comini è rappresentato da un insieme di nanosensori di gas che raccolgono i dati chimici presenti nell’ambiente. Un risultato di prestigio al quale si è arrivati in tanti anni, grazie all’impegno del laboratorio universitario di Ingegneria informatica e della start up «Nasys», da 2 anni spin off dell’Università, nata per sviluppare i sensori chimici e i sistemi basati su nanotecnologie e materiali innovativi. Attualmente il gruppo guidato dalla ricercatrice di Villanuova si occupa della realizzazione di nanofili (strutture di conduzione microscopiche) usando ossidi metallici: «Questi ossidi sono isolanti, semiconduttori e quasi metalli, e li stiamo studiando fin dal 2002. Sono impiegati - spiega Comini, che è anche cofondatrice di Nasys con Veronica Sberveglieri, ricercatrice del Cnr - per preparare dispositivi di vario tipo».

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