Serle, avvelenato
uno stagno ma
salvano gli anfibi

di Paolo Baldi
La «stazione di lavaggio» per ripulire gli anfibi di Serle ricoperti d’olio. FOTO MAURO ONEDAUn rospo incatramato appena ripescato dallo stagno Una volontaria recupera i rospi dalla pozza Meder avvelenata Un esemplare di Bufo bufo salvato a Cariadeghe. FOTO MAURO ONEDAIn poche ore sono stati ripuliti migliaia di anfibi. FOTO ONEDA
La «stazione di lavaggio» per ripulire gli anfibi di Serle ricoperti d’olio. FOTO MAURO ONEDAUn rospo incatramato appena ripescato dallo stagno Una volontaria recupera i rospi dalla pozza Meder avvelenata Un esemplare di Bufo bufo salvato a Cariadeghe. FOTO MAURO ONEDAIn poche ore sono stati ripuliti migliaia di anfibi. FOTO ONEDA
La strage dei rospi

I partecipanti a una uscita serale dedicata all’osservazione degli anfibi in riproduzione erano stati attorno alla pozza «Meder» solo poche ore prima. Quando se ne sono andati qualcuno - sabato notte - ha preso il loro posto e, forse pensando alle risorse che sull’Altopiano di Cariadeghe sono state investite nella tutela ambientale, ha manifestato il proprio «dissenso» attuando uno scempio: ha piazzato attorno allo stagno brulicante di vita, riempito da migliaia di rospi comuni e da decine di rane dalmatine in amore, una serie di taniche piene di olio per autotrazione esausto e le ha aperte, lasciando che il liquido, almeno cento litri, colasse lentamente. Ieri mattina lo specchio d’acqua, già costellato da decine di migliaia di uova, sembrava la miniatura di un incidente petrolifero, e l’allarme ha messo in moto una macchina di salvataggio. La rabbia per un gesto così idiota ha lasciato rapidamente il posto alla volontà di fare qualcosa, e in poche ore questo angolo di Serle si è riempito di decine di persone; compresi alcuni bambini. In breve si è messa in moto una officina di soccorso efficacissima che ha funzionato dalla tarda mattinata a quando è arrivato il buio: qualcuno immergeva le braccia nell’acqua ricoperta di olio recuperando gli anfibi con le mani mentre altri lavoravano a colpi di retino. Altri volontari hanno allestito una stazione di lavaggio per ripulire gli animali depositandoli poi in un paio di recinti provvisori riparati perchè potessero trascorrere al sicuro la notte. E oggi? Nelle stassa zona verrà allestita una pozza temporanea per ospitarli evitando di inquinare altri stagni con i residui tossici che hanno ancora sulla pelle.

LO SDEGNO per questo attentato all’ambiente non ha mobilitato solo le guardie ecologiche della Valsabbia e gli attivisti delle associazioni ambientaliste: i volontari della Lac, del Cabs, dell’Enpa e della Guardia nazionale ambientale sono stati affiancati dalla Protezione civile, dagli alpini, dai musicisti della banda, dagli attivisti di Green Serle e della Pro loco e da un gruppo di cacciatori serlesi. Sul posto pure l’erpetologo Rolando Bennati e anche il sindaco Paolo Bonvicini, con altri funzionari comunali e la polizia locale, e proprio il sindaco parla di «un atto vergognoso che danneggia l’intera collettività realizzato da qualcuno a cui non piace l’attività di salvaguardia degli anfibi che il Comune sta portando avanti da anni». Le indagini? Sono affidate ai carabinieri forestali di Gavardo e del comando provinciale (ieri a Serle c’era anche il comandante Giuseppe Tedeschi) e i reati, contestati purtroppo per ora a ignoti, sono quelli di disastro ambientale e smaltimento illegale di rifiuti tossici. Ieri, prima che - terminato il sopralluogo e la raccolta di campioni da parte dell’Arpa - una impresa specializzata iniziasse a rimuovere la coltre di olio dalla superficie dello stagno, erano stati messi al sicuro almeno tremila rospi; ma le ovature sono andate perse e forse sarà persa anche la pozza, bisognosa di una bonifica profonda prima di tornare a ospitare la vita. Un disastro commentato così dalla Lac e dal Cabs: «Qualcuno ha sacrificato un pezzo di natura; devastato un bene collettivo per oscuri interessi personali. È chiaro che si tratta di una ritorsione verso chi la natura la protegge. Di un attentato che brucia anche i soldi dei contribuenti investiti per il ripristino della pozza Meder e per l’arricchimento di questo territorio».

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