«Yushra
non può
essere a Serle»

di Paolo Baldi
Una istantanea dei lunghi giorni di ricerche sull’Altopiano di Cariadeghe finito al centro del «caso»Yushra con il padre e i fratellini in un’immagine felice in famigliaLa scomparsa ha mobilitato centinaia di volontari FOTOLIVE
Una istantanea dei lunghi giorni di ricerche sull’Altopiano di Cariadeghe finito al centro del «caso»Yushra con il padre e i fratellini in un’immagine felice in famigliaLa scomparsa ha mobilitato centinaia di volontari FOTOLIVE
Una istantanea dei lunghi giorni di ricerche sull’Altopiano di Cariadeghe finito al centro del «caso»Yushra con il padre e i fratellini in un’immagine felice in famigliaLa scomparsa ha mobilitato centinaia di volontari FOTOLIVE
Una istantanea dei lunghi giorni di ricerche sull’Altopiano di Cariadeghe finito al centro del «caso»Yushra con il padre e i fratellini in un’immagine felice in famigliaLa scomparsa ha mobilitato centinaia di volontari FOTOLIVE

«L’hanno cercata per un mese in montagna, a Serle, Caino, Nave e Bovezzo. È stata cercata da veri professionisti, con i cani e con gli elicotteri, e si sono occupati di lei anche oggi. Ma di Yushra non è stata trovata alcuna traccia; neppure un vestito, e se si fosse ferita o fosse morta l’avrebbero trovata. Dopo un mese io penso che non sia là; penso che forse qualcuno potrebbe averla portata via, rapita». È profondamente triste, ma sempre combattiva la voce di Mohamed Liton Gazi, il papapà della bimba bengalese scomparsa un mese fa, il 19 luglio, sull’Altopiano di Cariadeghe durante un’escursione con un gruppo di ragazzini diversamente abili che, seguiti da operatori, partecipavano a un grest speciale. Anche ieri, nella ricorrenza del mese della sparizione della bimba di 11 anni, qualcuno ha dedicato il proprio tempo alle ricerche, e anche il padre continua ostinatamente nel suo tentativo - «Non vado in montagna perchè non va bene per il mio dolore al ginocchio, ma cammino dove posso per trovarla» - e continua a chiedere supporto e risposte: «Sabato ho chiesto aiuto alla Protezione civile di Brescia e vorrei che si facessero delle domande anche ai bambini disabili che erano con Iushra quel giorno - suggerisce Mohamed Gazi -: loro non possono parlare, ma altri sì, e forse hanno visto qualcosa».

IL PADRE della piccola autistica svanita nel nulla, in Italia dal 1997, dipendente dell’Iveco di Brescia e residente con la famiglia in città, non smette di combattere affiancato nei sentimenti e nei gesti di chi come lui continua a cercare. E sono tante persone. Tantissime nei giorni febbrili immediatamente successivi all’allarme, così numerose da spingere il sindaco di Serle, Paolo Bonvicini, a emettere rapidamente un’ordinanza per limitare la folla di volontari - soprattutto serlesi - che avevano subito affiancato gli operatori ufficiali: le forze dell’ordine, i vigili del fuoco, anche con reparti specializzati come il gruppo speleo alpino fluviale, il Soccorso alpino e ovviamente la Protezione civile locale e non solo. Una mobilitazione davvero grande, che ha coinvolto anche le guardie ecologiche volontarie della Provincia e della Comunità montana della Valsabbia, e che a tratti ha visto muoversi insieme, non soltanto sull’Altopiano, ben 350 persone.

A DARE una mano nella corsa disperata contro il tempo, oltre alle unità cinofile «normali», ai droni e agli elicotteri dotati di termocamere, erano arrivati anche i cani molecolari, capaci in teoria di seguire tracce odorose labili ma costretti a lavorare con i loro conduttori in un ambiente impossibile, zeppo di cavità carsiche e versanti scoscesi e ricoperto da una vegetazione a tratti fittissima. Cani e conduttori italiani affiancati per alcuni giorni generosamente anche da un team proveniente dall’Olanda. Tutto inutile; anche le numerose segnalazioni arrivate da sensitive e sensitivi bresciani e di mezza Italia, che sono state puntualmente verificate dagli operatori sul campo con ulteriori fatiche a vuoto. Quasi a dare corpo, concretezza al pensiero del papà della piccola; all’ipotesi di un rapimento. Il giorno triste dell’ammainabandiera, segnato dallo sconforto dei responsabili delle ricerche frustrati dall’ inutilità di uno sforzo colossale, è arrivato il 20 luglio, una domenica, quando il campo base dei vigili del fuoco e del Soccorso alpino, già «dimagrito» rispetto alle ore precedenti, è stato definitivamente smobilitato dopo l’ultima, intensa giornata di perlustrazioni, e a pochi metri dall’osteria dei Ruchì è rimasto solo il presidio della Protezione civile serlese. La macchina dei soccorsi di massa è stata fermata lasciando aperta una domanda piena di dolore: dov’è Yushra?

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