Sono trascorsi nove anni da quel 2007 in cui alle Acciaierie Venete di Sarezzo esplose il caso dei rottami radioattivi. Sette anni di preoccupazioni, attesa e progetti. Finalmente culminati nell’ultimo atto: le 270 tonnellate di polveri contaminate da Cesio 137 da ieri riposano per sempre nel bunker costruito nella parte nord dello stabilimento.
A RENDERLO noto ieri i dirigenti dell’acciaieria, che affiancati dagli amministratori di Sarezzo hanno voluto sottolineare come «tutte le autorità da sempre coinvolte siano concordi nel dire che non c’è mai stato pericolo per i cittadini. Tutto è cominciato con la scoperta di una sorgente radioattiva di qualche centimetro cubo non rilevato dai sistemi all’ingresso dello stabilimento - ricorda il direttore Enrico Belleri - L’impianto fumi dell’acciaieria al tempo era nuovissimo: grazie a questo l’emissione all’esterno di particelle radioattive è stata pari a zero. L’impianto è stato bonificato, ma sono rimaste 270 tonnellate di polveri da gestire». Da allora sono state valutate diverse ipotesi, poi nel 2013 è stato deciso di seguire il percorso già individuato per altre aziende nella stessa situazione: sistemare i sacchi contaminati racchiusi in 11 container, 8 bidoni e un camion cipollato in un sarcofago di ferro, cemento e acciaio realizzato nello stabilimento di Sarezzo.
A luglio tutte le polveri sono state trasferite nella nuova struttura che le ospiterà per i prossimi 300 anni, mentre lo scorso mese è stato definitivamente chiuso il cantiere e sigillato il tetto.
Come è stato realizzato il bunker? «Vincolo principale deciso dal tavolo prefettizio era assicurare rischi zero ai lavoratori - continua Belleri - E Infatti grazie a 50 centimetri di cemento non c’è emissione radioattiva di cesio rilevata all’esterno della costruzione». E così oggi tutto è al sicuro all’interno di un bunker sigillato a prova di tutto. L’unico accesso, blindato e allarmato, è tramite una scala che sarà utilizzata per le ispezioni semestrali effettuate dai tecnici specializzati.
Per azzerare i rischi di incendio, all’interno del sarcofago non esistono impianti elettrici; il deposito pesa più di 1000 tonnellate per resistere al rischio alluvioni nel corso dei prossimi tre secoli.
UNA CASSAFORTE inespugnabile a prova di terremoto, caduta di elicotteri pieni di carburante e schianti di tir a pieno carico.
Oggi non c’erano possibilità diverse da questa, ma l’azienda ha preso un impegno con la gente di Sarezzo: se venisse autorizzato e realizzato un deposito sul territorio nazionale, il sarcofago sarà smantellato e tutte le polveri immediatamente trasferite.
«Voglio esprimere la massima soddisfazione da parte del Comune - ha dichiarato l’assessore all’Ambiente Fabio Ferraglio - Ringrazio l’azienda per l’impegno dimostrato, la prefettura e il prefetto Valerio Valenti che, con il suo arrivo, è riuscito a sbloccare un vicenda che è rimasta al palo per molto tempo».