VOBARNO. Entra nella fase operativa il progetto di allevamento e mungitura avviato dalla storica cooperativa valsabbina con il sostegno di Caritas e di altre realtà

È il latte di
cavalla l’oro
bianco dei «Rucc»

di Massimo Pasinetti
Le stalle della cooperativa: sedici i cavalli che vi sono ospitatiLa sala mungitura a due posti
Le stalle della cooperativa: sedici i cavalli che vi sono ospitatiLa sala mungitura a due posti
Le stalle della cooperativa: sedici i cavalli che vi sono ospitatiLa sala mungitura a due posti
Le stalle della cooperativa: sedici i cavalli che vi sono ospitatiLa sala mungitura a due posti

Dalla stalla al consumatore, dalla mungitura alla commercializzazione. È un caso più unico che raro quello del progetto avviato dalla cooperativa «Ai Rucc» di Vobarno.

«Dopo che il 2016 è servito per concludere la parte strutturale - racconta Giorgio Romani, presidente della coop - con la costruzione del laboratorio di mungitura e di quello di trasformazione e refrigerazione del latte, a poche decine di metri dalle scuderie che ospitano le cavalle, ci stiamo ora dedicando a organizzare la commercializzazione del latte stesso, tramite il punto di vendita ai Ronchi, in cooperativa, oppure attraverso il servizio di spedizione».

I CAVALLI ospitati nei box della sono sedici, tutti di razza haflinger: 14 cavalle (da Nanuk a Quincy G., da Savana a Morgana, da Mimì a Paprika, appena medagliata alla fiera Travagliato Cavalli, per citarne alcune) e due stalloni, Strok e Sambuco. «Disponiamo del riconoscimento regionale di stazione di monta naturale per le nostre cavalle ma anche per quelle altrui».

In ogni box, oltre alla fattrice, c’è anche il puledro, nel rispetto di un concetto di allevamento sostenibile che punti al benessere degli animali. Ma anche delle normative e delle regole igieniche e sanitarie, con tutti i controlli necessari effettuai durante il 2016.

L’OPERAZIONE «latte di cavalla» coinvolge però non solo la coop «Ai Rucc», che è capofila e proprietaria delle strutture e dei cavalli, ma anche la cooperativa «Sentieri e Verbena Solidali», con sede a Lavenone, che si occupa della mungitura e del confezionamento del latte, e la società «Equimilk» di San Felice del Benaco, con Tatjana Falconi, medico veterinario, ideatrice del progetto nonché responsabile sia della gestione sanitaria dell’allevamento che della commercializzazione del prodotto. «Per offrire le giuste garanzie dal punto di vista igienico-sanitario, per un anno si sono munte le cavalle per arrivare a un prodotto sicuro, e da gennaio il nostro latte fresco congelato, utilizzabile fino a 12 mesi dopo la mungitura, ha il bollino Cee - spiega la Falconi - In tutto ci sono voluti tre anni di lavoro, con analisi in serie sulle cavalle, garantendo il benessere loro e dei puledri, e sul latte. Inoltre, i nostri addetti hanno partecipato, unici in Italia, a corsi di formazione sulla mungitura di cavalle». A giorni saranno pronti il sito www.equimilk.it (in fase ultimativa) e gli opuscoli illustrativi. Ma per cosa si utilizza il latte di cavalla?

«SUA PECULIARITÀ è l’essere il più simile al latte umano, e quindi è usato in età pediatrica al posto di quello materno o per i bambini allergici al latte vaccino - prosegue Falconi - Ma poi è adatto anche agli adulti con psoriasi o dermatiti atopiche: il latte di cavalla può ridurre anche dell’80% queste sintomatologie. E ancora, aiuta chi è affetto dal morbo di Crohn perché ricco di lisozima, antivirale e antimicrobico naturale. In Germania, dove il latte di cavalla è prodotto da tempo, lo si dà anche a chi segue terapie antitumorali. Infine, il latte di cavalla si utilizza anche per produrre specifici cosmetici. Ai Rucc per ora è prevista una sola mungitura giornaliera per cavalla, che dà dal litro e mezzo ai due litri di latte. Nel laboratorio di mungitura la cavalla ci entra col suo puledrino. Solo se lo ha a fianco e ne sente il contatto si lascia mungere, altrimenti diventa nervosa e si irrigidisce, gelosa com’è del proprio latte».

«ARRIVARE FINO A QUI - conclude Romani - ha comportato un investimento ingente, nell’ordine di alcune centinaia di migliaia di euro, coperti per un terzo da un finanziamento a fondo perduto da parte di Caritas. Per il resto abbiamo dovuto contare sulle nostre finanze e su quelle dei nostri partner. Ora non ci resta che far conoscere questo prodotto».

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