IL LUTTO

Adelphi, la scrittura, il mondo: l’Italia piange Roberto Calasso

di Flavio Marcolini
Nel giorno della scomparsa l’uscita due suoi ultimi due libri: «Memè Scianca» e «Bobi». Il critico Pietro Gibellini: «Non ammetteva banalità... con lui dovevi sempre volare alto»
L'editore e scrittore Roberto Calasso, cofondatore e poi direttore della casa editrice Adelphi: ieri l'uscita dei suoi due ultimi libri e la scomparsa a 80 anni dopo una lunga malattia
L'editore e scrittore Roberto Calasso, cofondatore e poi direttore della casa editrice Adelphi: ieri l'uscita dei suoi due ultimi libri e la scomparsa a 80 anni dopo una lunga malattia
L'editore e scrittore Roberto Calasso, cofondatore e poi direttore della casa editrice Adelphi: ieri l'uscita dei suoi due ultimi libri e la scomparsa a 80 anni dopo una lunga malattia
L'editore e scrittore Roberto Calasso, cofondatore e poi direttore della casa editrice Adelphi: ieri l'uscita dei suoi due ultimi libri e la scomparsa a 80 anni dopo una lunga malattia

Basterebbe ricordare che la sua Adelphi è la casa editrice che scoprì Aldo Busi pubblicando nel 1984 uno fra i romanzi più straordinari del nostro Novecento, quel «Seminario sulla gioventù» che segnò l'esordio dello scrittore di Montichiari, per capire l'importanza che Roberto Calasso ha avuto per la cultura italiana. Senza dimenticare poi i vari Thomas Bernhard, Mordecai Richler, Joseph Roth, Emmanuel Carrère, Sándor Márai, Georges Simenon, Israel e Isaac Singer, Giorgio Manganelli, Roberto Bolaño...L'intellettuale scomparso ieri a 80 anni a Milano dopo una lunga malattia, ha sempre coltivato un'idea totale della letteratura come chiave d'accesso alla conoscenza del mondo. Cofondatore e poi direttore di Adelphi, se n'è andato nel giorno dell'uscita dei suoi due ultimi volumi, entrambi di taglio autobiografico: «Memè Scianca», dedicato all'infanzia fiorentina, e «Bobi», toccante omaggio a Roberto Balzen, che con lui e Luciano Foà agli inizio degli anni Sessanta diede vita a quella singolare avventura editoriale. Sobrio e riservato, a chi si ostinava a chiedergli «chi è Roberto Calasso?» rispondeva icastico: «Leggete i miei libri». A Brescia era venuto qualche volta a presentare i suoi raffinatissimi testi. L'ultima fu nel 2009 per il caleidoscopico «La Folie Baudelaire», affascinante onirismo di cui aveva discusso a Palazzo Loggia con Pietro Gibellini. Quel libro era uno dei tasselli di un maestoso work in progress concepito come l'opera di una vita e ora necessariamente destinato a rimanere incompiuto: 11 volumi divenuti ormai di culto. Tradotto in tutto il mondo, si dispiega per oltre quattromila pagine frutto di una cultura sterminata e di impareggiabile arguzia. Il primo tassello, «La rovina di Kasch» (1983), è incentrato sulla figura di Talleyrand elaborando un'originale teoria del sacrificio. Il citatissimo «Le nozze di Cadmo e Armonia» (1988) è una complessa e variegata mitografia della Grecia antica, mentre «Ka» (1996) è dedicato alle religioni orientali, «K.» (2002) al genio di Kafka e «Il cacciatore celeste» (2016) al passaggio dell'uomo da raccoglitore a cacciatore; gli ultimi due usciti sono «L'innominabile attuale» (2017) e «La Tavoletta dei Destini» (2020).Sul Garda, a Toscolano, abita Anna Katharina Fröhlich, scrittrice e traduttrice 49enne assai nota in Germania, madre dei suoi due figli Josephine e Tancredi. Lunedì 2 alle 11 nella chiesa di Santa Maria presso San Satiro a Milano si svolgeranno le esequie. La salma verrà poi tumulata al Cimitero di San Michele a Venezia. «Era uno scrittore-pensatore», osserva Pietro Gibellini, che descrive le sue opere come «tessere di un mosaico che ambisce a dare un quadro globale della complessa civiltà umana: dalle origini indiane alle fonti greche, dal patrimonio giudaico-cristiano alla modernità, fino alle ombre inquietanti del presente. Mentre molti autori perseguono una scrittura espressiva, colorita - sottolinea - Calasso tende al bianco e nero, a uno stile terso, posto al servizio del pensiero; il suo sperimentalismo lo esercita sulla struttura del libro, non sul lessico; non disdegna di ripetere la stessa parola a distanza di poche righe: l'importante è per lui la complessità del pensiero, che deve essere espressa più linearmente possibile».Gibellini ripercorre poi le tappe di un'amicizia intellettuale durata quasi cinquant'anni. «Nel 1974 lo incontrai a Milano per proporgli un'antologia dei sonetti biblici di Belli, che pubblicò a breve. Poco dopo, nella rubrica che curavo settimanalmente proprio su Bresciaoggi, scrissi un pezzo dal titolo "Adelphiana", tratteggiando un ritratto di questa casa editrice innovativa, che stava finalmente portando in Italia la grande letteratura mitteleuropea, popolata da scrittori di pensiero e non solo da cultori dello stile. Da allora abbiamo mantenuto rapporti di attenzione reciproca, diventata sobria e solida amicizia. Avevamo, tra l'altro, due temi di ricerca comuni, pur visitati da sponde diverse: il mito classico e la Bibbia. Dopo la presentazione in Loggia della sua "Folie Baudelaire" nel 2009 mi propose di ritornare sul Belli. Così curai per Adelphi i "Sonetti erotici e meditativi". Con Calasso - conclude Gibellini - scompare anche un ricercato cultore della conversazione. Piuttosto asciutto, non ammetteva la banalità. Con lui bisognava volare alto». E proprio a un'allieva di Gibellini, la giovane ricercatrice Elena Sbrojavacca, si deve la prima grande monografia sulla sua vasta opera, «Letteratura assoluta. Le opere e il pensiero di Roberto Calasso», fresca di stampa per Feltrinelli.. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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